Il nome è impegnativo. Non siamo a Monte Mario anche se il panorama è ugualmente bello, rapportato ai colli del Prosecco, ad un tiro di tappo dall' eldorado del Cartizze.
Saccol è località fiore all' occhiello della Valdobbiadene da bere. A pochi passi esercita cotale Agostinetto, da noi soprannominato "Il Pininfarina del Prosecco", per le molte sfumature di questa terra che la sua azienda sa imbottigliare con perizia e passione.
Silvio De Stefani, della Pergola, è un giovanotto di belle speranze che, nei momenti liberi, sfreccia sui saliscendi dei dintorni con una Delta integrale ex Auriol, ‘na roba da 300 e passa cavalli, etichettata Martini & Rossi. Far correre il vermouth tra le colline del prosecco potrebbe sembrare un eresia, in effetti, ma al cuor non si comanda, specie quando si smanetta di brutto.
La Pergola ha circa tre anni. Locale multifunzione. Accoglie il viandante che "va a cartoni" (nel senso che deambula per acquistare bocce di varia fatta) con proposte che vanno da un Degustazione ad un Km.0 (non certificato, Silvio manco sapeva che esistesse apposita associazione), a rapide merende (3 piatti più dessert) e financo a menù per bambini (2 piatti a 12 eurazzi tondi tondi).
Infatti da lui si possono trovare pezzi di umanità variamente assemblati. Coppie, famiglie, gente che vuol far credere di esser lì per un pranzo di lavoro, gente che lavora veramente e va di macarùn e bistecca al salto.
Nello spulciare la carta si percepiscono varie attenzioni, per territorio e stagione, passando per la cantina, laddove ad ogni piatto è suggerita la balia vinaria per l' abbinamento più indicato.
Si procede.
L' esordio si presenta casereccio e rassicurante. Soppressa all' aceto con polenta e formaggio ubriaco. Le componenti ci sono tutte, anche se scollegate. L' affettato più che una soppressa pare un salame (in effetti tradizione prevederebbe più questo che la sorella maggiore); buona la polenta. Quando il piatto è oramai freddo da ripulitura accurata, arriva il cacio. Buono, per carità, peccato non averlo fatto giocare assieme al resto. Diamo la colpa alla presenza di sala: una carioca di recente importazione che probabilmente, dalle sue parti, non è usa a questi riti e forse non conosce ancora a menadito la metrica di comanda.
Sarà l' "effetto polenta" del piatto precedente, ma la Crema di zucca ce l' aspettavano più morbida, con quel certo non so che che la rende unica. Qua è un po' rappresa, tipo polenta appunto, abbinata con una capasanta grigliata e una dadolata di porcini. La "capa" l'è bona, A noi, per dadolata, risultava nei file di memoria qualcos' altro. Qua, complice il fuoristagione, sembrano dei sottolio riscaldati dal tepore cucurbitaceo sul quale sono adagiati. Notiamo anche su questa proposta degli strani ghirigori che attraversano il piatto, senza comunque ledere gli ingredienti. Probabilmente sono decorazioni. L' abbinamento orgasmolettico con questi sciroppi "balsamici" è, oggettivamente, impensabile. Forse, tra gli sous chef; c'è qualche writer potenziale (o di ritorno).
Arriviamo al miglior piatto di questa tornata di giochi: Spaghetti alla chitarra di kamut con code di gambero e arancia candita. L' arpeggio tra l' agrume e il crostaceo riesce in piena armonia, un filo piacevolmente eretica. Gli spaghetti sostengono la partita. I porcinazzi (dall' aspetto simile agli stessi incontrati prima) potevano tranquillamente starsene ancora in letargo nel vaso bormioli. Stavolta la decorazione sciroppante a latere sembra voler ricordare una zampa di gallina.
Silvio è uno che bazzica Lamon, patria del rinomato fagiolo, per procurarsi anche altro. Narrasi di una macelleria artigiana che fornisce agnelli di pregiato allevo, nonché wurstel che manco a Monaco durante l' Oktoberfest...
Qua si viaggia integrali (come la Delta) di Pasta e fagioli. La crema è densa, filologica. Tutto sa di montagna e di fatica. Si sono affaticati sul braciere pure i dadetti di pane, un po' troppo abbrustoliti, con il conseguente "effetto caldarroste". Diciamo che il risarcimento arriva immediato: ovvero del Tarassaco saltato in padella con il lardo. Bonus, come si dice tra gli adepti di guidolandia. Molto interessante e inaspettato.
Confessiamo che eravamo venuti qua per questo (più che per scroccare un giro sui 300 cv domati da Didier Auriol): la Grigliata di Frattaglie. E' una pokerata di roba. Ottime le Animelle, di indovinata consistenza, così come il Rognone.
Di inusitato sentore il Fegato, veramente piacevole. Il Cuore ci ha ricordato una sempreverde hits alpina: "vecchio scarpone". Peccato, forse il cuore non regge di suo la griglia, si emoziona meglio ai ferri.
Per fortuna le gocce sciroppe, stavolta, sono minime, appena accennate. Da libro cuore pregno di decoro.
Sul vassoietto accanto riposano dignitose verdure cotte e una peperonata che sarebbe risultata migliore se meno salata.
Arriviamo in derapata sull' ultimo piatto, una Tagliata di puledro agli aromi di montagna (cioè ginepro). Probabilmente deve essere stata una bestia che, in gioventù, ha lavorato alla Gondrand. Che sia stata la frollatura, la razza equina, il timer in cucina che andava a singhiozzo, fattosta che Furia lo avevamo trovato più in forma in altri contesti.
Stavolta il decor sciroppesco e balsamico è disegnato a cremagliera. Ci viene in mente un noto refrain di Sandra Mondaini a Casa Vinello ... anche perché non se ne capisce la tenacia nel ripresentarlo ogni volta con metodicità seriale.
Abbiamo carburato bene in monoabbinamento con Campo del Prà, un "veilles vignes" rouge di Venegazzù pigiato e imbottigliato da Emilio Sartor, un petit vigneron del Montello.
Ci si congeda con una doppietta glicemica niente male. Sotto l' aspetto di un Tiramisù dalle fattezze eccentriche si nasconde un piacevole Dolce al torrone e ricotta con salsa al Vin santo, anche se il controsterzo gaudente ce lo regala un Kaiser al Cartizze con marmellata di arance. Non chiedeteci cheffosse die Kaiser. Silvio dice che è una rilettura di ricetta bavarese. Annoi c'è sembrata un incrocio tra una schiacciatina farcita alla crema e una focaccetta poco lievitata.
Si conclude l' avventura in Cantina. Il giovanotto qui cura l' affinamento di alcune personali forme di insaccati e qualche coscia suina. Vi è anche una linea di distillati molto rurali, fatti naturalmente in casa. Ci siamo baloccati con un "rustot" assai avvolgente (leggasi di asparago selvatico di montagna passato sotto spirito).
La Cucina è ampia, parzialmente a vista. Qua si tira la pasta anche per altri colleghi; ci si dà da fare, insomma.
La Pergola ci ha dato l' impressione di essere un locale che viaggia a due velocità, a volte in maniera anche un po' inspiegabile. Ci sono buone idee di base (i gamberi con le arance; la pasta e fagioli; le frattaglie grigliate, in parte non tutte; la linea Dessert), ma manca spesso il gioco di squadra. Un po' per alcuni abbinamenti, un po' per la rifinitura tecnica di certi piatti.
Insomma, tornando al paragone rallistico. Motore e telaio sono buoni, ma la carburazione e l' assetto richiedono, a nostro avviso, una preparazione più accurata, una certa attenzione per il dettaglio che non può certo venire soddisfatta, ad esempio, da un uso spesso improprio e stucchevole di quelle preparazioni sciroppate, di cui apprezziamo la cangiante varietà del tratto che però, alla fine, risultano un mantra di cui, francamente, se ne farebbe volentieri a meno.
ALLA PERGOLA - DA LIVIO
Via Rocat e Ferrari, 29
31030 Saccol di Valdobbiadene (TV)
Tel. 0423 - 975580
info@ristoranteallapergola.it
www.ristoranteallapergola.it
Chiude il Lunedì e il Mercoledì sera
Vi sono varie proposte di menù, da 26€ a 36€.
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Categoria: Schede Ristoranti
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