Queste "TENTAZIONI FRANCESCANE" fanno parte delle comparsate scritte apparse sulla rubrica "Sararliche" di Civiltà del Gusto.
Modena, terra di Donne e Motori, capitale di Ferrariland, quella Avalon dove il rombo dei puledri multicilindri ti fa girare la testa ognidove, così come avviene sotto i suoi portici, opulenti di bellezze di una Padania Felix dove ti chiedi dove siano i Pepponi.
Forse a carburare di bolle marianne in qualche enclave di ciccioli e gnoccosità assortite.
Modena terra di galloni accademici, di giovani tenentini contrappunti in libera uscita che non diventeranno mai quel Drogo dell’onirico buzzatiano, immobile ad attendere i Tartari che non arriveranno mai, perchè qui, invero, le tentazioni sono plurime e ognidove pur se, spesso, circondate di alone Francescano.
Aprire un Ristorante in Via Stella o è premeditazione, o è cabala fortunata, tanto più se al civico recita 22.
Massimo Bottura è uno di quei giovinotti in progress della Moderna Cucina Italiana che ha ancora tanta strada da fare, quanta almeno quella percorsa sino ad ora.
Forse sarà per quello che gira per il suo ristorante con i scarp de tennis, e non certo per fare citazione Jannaccia.
Che il ragazzo sia talentuoso ed eclettico lo si coglie da quel linguaggio non verbale che si articola alle pareti, basta saperlo leggere.
Si potrebbe essere in un atelier d’arte, uguale, sia che ci si trovi dalle parti di Montenapo, come in una qualsiasi Fifth Avenue, ma qui siamo tra le stelle, anzi in Via Stella.
Che le Stelle stiano a guardare non sappiamo, noi di certo qui, oltre a guardare, marciamo di papille rombanti e a manetta.
Se uno vuole, aperto il Menù Acquarellato, può esercitarsi nel busillis di una scelta a due velocità: possono essere i “Classici” di un decennio, così come le “Sensazioni”, ovvero quello che gli frulla per le pignatte al nostro. Nel dubbio consigliamo di laissez faire, tanto il binomio Massimo & Beppe vi farà andare in giostra per quanto ve lo permetterà la vostra cilindrata gastrica, che si presume non essere quella di un Sulky.
Ah, il Beppe, poi ne parliamo.
Rimessi quindi alle volontà Francescane, “costretti a godere”, laddove vuolsi coerenza di una vita votata ad essere gioiosamente in bilico tra vizio e virtù, si accendono i motori con un Pane e Alici che neanche a Giovanni Verga sarebbe venuto in mente di appioppare così ai suoi piscatores; ottimo il gelato che dà uno stacco divertente assieme al velo di peperoncino, così come si conferma divertente un altro famolo strano che qui è di casa, ossia un Filetto di Sgombro marinato che fa la lambada con una Pancia di Cinta Senese. Il diavolo e l’acqua santa? Chissà, nel dubbio si spazzolano, lungo il piatto, citazioni giocose, che sanno di finocchietto birichino e sgrassante e altre spezialità assortite, zenzere e cumine.
Vai di Modena City Ramblers, anche se ici, tra gli habituè, vi è un certo Lou Reed, eppure qui, al centro di terra bassa e lambrusca, il mare è presente eccome, ad esempio con una Zuppa di Pesce liquida e la sua goletta, pardon, galletta.
E’ un piatto controverso, Massimo ci crede assai, anche se gli aggiustamenti in corso d’opera sono continui e forse necessari.
La premessa è intrigante. La Broda è straricca e rombante, ossia di Rombo, il tocco giamburrasco è dato dal pomodoro confit che stacca divertente.
La Farcia è all’altezza della situazione, eppure, eppure la quadratura del cerchio si inceppa sulla liquidità dell’involucro raviolo, che scivola via al palato eccitato come quella pubblicità di un perlana o di un suo parente ammorbidente.
La cosa che si ricorda di più , alla fine, è quella galletta malandrina ottenuta dall’estratto di pesci azzuppanti.
Ancora un po’ di galleria del vento, please.
Dicevamo del Beppe.
Beppe Palmieri è un Lucano risalito nella Bassa che si è ritagliato un posto stabile nella nostra geografia emozionale.
Appartiene a quel trittico di personaggi che, quando Bacco rivendica di godere il suo paradiso in terra, sappiamo dove trovarli per il darti certezze con scoperte ogni volta diverse.
Se proprio siete curiosi, gli altri due sono Fabio Scarpitti e Marco Merighi.
Conoscitore come pochi di quell’universo multiforme e borgognone, sa destreggiarsi bene anche per Enotria e le sue etichette non saranno mai scontate, anche perché tutte, generalmente, a tiratura limitata e di pochi cartoni.
E anche stavolta, come sempre, ci siamo beati in un percorso di baccante intrigo e scoperta.
Una label su tutte, per la serata, il Borgogna della Domaine Sabre, powered by le vinificateur Philippe Pacalet, uno che, di suo, entrerebbe a pieno titolo in un ipotetico bestiario eno.veronelliano
Tra l’altro, il nostro, sa dosare l’acceleratore, pardon, l’eloquio fatto di conoscenze profonde e appassionate, modulandosi perfettamente con l’interlocutore per cui, se sapete schiacciare il Play con perizia, il Beppe parte di aneddotiche, organoletticità e calembour per cui sarà un play again per tutta la serata.
Bravò, Play Again, anzi, versa senza risparmio.
E, nella notte stellata in Via della Stella, vi potrebbero capitare le Trasparenze del Baccalà.
Vi dicono che il tutto è accessoriato pure con delle Patate e dei Pomodori (confit). Ci credete sulla parola, anche se la mise è quantomeno originale. La patata pare un gelato, ma ci narrano che trattasi di sferificazione inversa, manco fosse un romanzo di Maurensig. I confit pummaroli li individuate per analogia cromatica. Il Bacalao se ne sta timido timido sotto la galletta panettiera. Bello il gioco; se le sferificazioni inverse riescono sempre così bene vada anche per l’inverso che non va certo di traverso, anzi. Il pescado merluzzo era un pò bagnato, come il pane, ma anche qui sono piatti nella galleria del vento. Al prossimo giro, sicuramente, li troveremo con CX palatale più aereodinamico.
Massimo ci tiene alla nostra linea di pezzi da 90 (e rotti), epperciò le degustatio arrivano al cucchiaio, come i dessert.
Divertente quella di Porri e Tartufo.
Un piccolo gioiello di Fabergè L’ Uovo Embrionale avvolto nella pancetta cintata, cum panem et tartufo … tanto per confermarsi francescani. Low profile? Macchè, è un gioiellino che potrebbe starci come pendaglietto ai lobi di una Scarlett Johansson mentre va alla Festa delle Debuttanti, laggiù, all’ Accademia, o come bomboniera per le vostre nozze di Cana, a moltiplicazione multipla e gaudente.
Se poi pensate che Massimo, l’Uovo Embrionale, lo usa abitualmente per conciare la di lui Pasta …
Affidatici alle mani della casa, il percorso non poteva che andare di slalom, anzi, di SuperG, tra Grandi Classici e novità del giorno, ecco pertanto Le Cinque Stagionature del Parmigiano, una più di Vivaldi, anche se, pochi mesi fa, l’avevamo trovato a consistenze 4, come l’Audi.
Tanto per dire di galleria del vento e cx palatale.
E il ragazzo, paziente, ti declina le diverse mensilità delle consistenze associate, in cui anche le temperature sono arlecchine e multicolor.
A farla breve, l’Oscar del Gastrogatto se lo pappa il demi soufflè a 24 mesi, da tris senza passare per il bis.
Si torna sull’ Enterprise di Gola Futura con un bicchierone di Pasta e Fagioli.
Eppure la nostra dentatio è perfetta, ma non è il piatto della nonna, bensì un alternarsi di consistenze e materia che può essere un terragno Fagiolo, come il suo parente Radicchio. Ai piani nobili non poteva mancare una Crema Royale di Foie di Vitellum, l’ immancabile Parmesan e quant’altro.
Sono quei piatti da piluccare ad ascensore, con la cucchiaia che va su è giù, godendo voi e il vostro palato come si conviene, dalla notte dei tempi.
Con il cucchiaio ancora fumante ci arriva un apparentemente “banale” Risotto alla Zucca.
Questo merita un capitolo a parte.
Il Della Casa Monsignore e la Mamma ci avevano insegnato che il Risotto si avvicina alla fauci posto a cavalcioni dei rebbi forchetti. Qua, chissà perché, ci è venuto spontaneo prosciugarlo a cucchiaio.
Errore? No, perché è noto che, tra i Dessert, ci sono quelli al cucchiaio, e questo Risotto “è” da Dessert, senza fallo e sine ulla dubitatione.
Magie del terzo millennio.
Ai chicchi carnaroli si alternano chicchi sauterni. Sì, avete letto bene, quelli che fanno da babbo ad un qualsiasi Yquem. Poi il corollario si completa con presenze di mele campanine (nelle campagne mantovane abbondano come manna, e Massimo è un mezzosangue mantovan.modenese).
La striscia di Amaretto è una firma per cui Antonio Ricci ci metterebbe la firma.
‘na Goduria; una St.Honorè che, da sola, assimilata chicco dopo chicco, giustifica le due stelle (in progress) che brillano in questo angolo di Via Stella, al 22 come già ricordato.
E’ dura riprendersi da un’emozione del genere, anche se i Ravioli di Cotechino e Lenticchie in salsa di fagiolo la loro figura la fanno. Chissà perché, ma proviamo la stessa tenerezza che per Raikkonen, chiamato a sostituire Schumi multimondiale.
Qui è uguale. Mannaggia a Massimo e al Suo DesseRisotto.
Invero, sono frangenti in cui il Beppe si è dimostrato all’altezza della sua fama e, per sostenere il Raviolo lenticchio e cotechino, si è inventato, lì per lì, un Kyr alla modenese, ovvero un divertente mix di Lambrusco con un cucchiaio di Balsamico della Casa, un quindicenne cresciuto tra Botti di Amarene.
Divertente, molto divertente, davvero, anche perché ci viene confidato che la Linea Francescana sta perseguendo questi affinamenti balsamici su quattro o cinque botti di legni diversi.
Da diventare Matusalemme anche solo per seguire l’evoluzione di questi prototipi.
Ci hanno insegnato che, nella vita, bisogna sempre guardare avanti.
In effetti è vero, la saggezza dei padri non va dimenticata.
Inutile perdersi in saudade risotta, perché arriva un altro colpo basso di un Bottura che di Botti ne ha le cucine colme per stupirvi ed esaltarvi alla sua tavola.
Et voilà Il Bollito Misto secondo Massimo “dei Botti” Bottura.
All’inizio stentate a vederlo, se è per quello.
E’ come quando vi arriva la donna della vostra vita che, tanto per dare magia al momento dei momenti, si presenta con il volto coperto dal velo dei misteri che, in questo caso, è un’aria di prezzemolo che ci sta un po’ troppo … come il prezzemolo, appunto.
Lo scostate, tanto serve a poco, ancor più se decorativo e, come nella analogia della sposa dai sette veli, è tutto uno scoprire, poscia, di virtù e tentazioni carnali, laddove le curve declinano per quinto, quarto, terzi et secundis anche, di pepite vaccine.
Da Allappo con l’Eco nel mondo di Narnya, è proprio il nostro grasso, ricco matrimonio … modenese, nel caso, e l’orgasmo ultimo e finale è regalato da una riduzione di peperone, at the fundus, che è mirabile e si fa ricordare nel tempo, come le cartoline di Norman Rockwell.
Ancora una volta prima di lasciarci?
No, almeno altre due o tre.
La Mamma ci ha fatto insaziabili. Poi al resto, ci abbiamo pensato di nostro.
Come rinunciare all’ Agnello Lucano?
No, con De Rica non si può, figurarsi con l’agnellino, anche perché incuriositi da quel gnammareddo tentatore che vorremmo ci venisse presentato, così, tanto per rompere il ghiaccio.
Lo Gnammareddo, invero, non c’è, forse è in ferie, ma l’ Agnellino c’è tutto, di Filetto, di Carrè, di Pancia arrotolata, manco fosse un guerriero di Sumo. Da urlo la Coscia, che la fa da giarrettiera, in quanto farcita, al suo interno, dalle mille e una frattaglia, magiche e intriganti come le notti di Ali Babà.
Divertenti, in questa jam session ovina, i due paggetti a fare pendant, da un lato uno yogurth di lana caprina e, dall’altro, una vecchia conoscenza dei cral ferroviari, un Fernet (Branca?), riabilitato, alla corte del gusto, da locale stellare. Della serie: non è mai troppo tardi, epperò ci sta, eccome.
La prossima volta, magari, se la filosofia riabilitante permane, troveremo un Cinghiale degli apennini con riduzione di Ramazzotti o Sambuca Molinari (senza mosca, però).
In effetti la Marcia è stata longa, oltre che divertente. Le Stelle cominciano a guardarci un po’ preoccupate, in questa Carrera Modenese laddove la cilindrata gastrica sì è espressa al meglio, con i pistoni palatali carburati come a Daytona, ma qua il desinare non può proseguire per 24 ore, anche se lo vorremmo.
E si cambia a scalare anche per un tranquillo rientro nei box di Morfeo, facilitati da un Demi.cuit alla Vaniglia e Tartufo che conferma tutto un percorso fatto di pepite della terra, di una terra che è lì, fuori le mura, pur se assemblate con tecniche che farebbero impallidire Star Trek e il suo Dr Spock.
Massimo Bottura conferma la sua peculiarità, che è poi la sua forza.
Saldo ancoraggio al territorio, con la testa e le mani che volano libere, pucciando un po’ qua, un po’ la, abilmente, in un back ground tecnologico come si usa a Cleveland e dintorni.
Ma non è solo così.
Di questo locale ci piacciono molti atout.
Della Sala atelier abbiamo detto.Il Servizio è attento, premuroso, eppur non paludato. Tra i migliori della nostra esperienza.
A Beppe la medaglia gliela abbiamo già data, e la merita ogni giorno, sempre diverso, come l’avventore che sa cogliere anche oltre il bicchiere o il millesimo barricato o meno.
Massimo ha una dote rara. Un grande … “Talento Operaio”, nel senso che, pur potendo permettersi di tirarsela, basta che solo lo voglia (in fondo, negli ultimi due anni, di riconoscimenti ne ha avuti a iosa), mantiene intatta quella tensione emotiva di quando lo abbiamo conosciuto anni fa, in tempi non sospetti e astellati.
Di lui ci piace la modestia nel porsi, reale, non di circostanza, abbinata ad una grande passione. Sembra quasi ti coinvolga, al piatto, nel renderti partecipe dei suoi percorsi di creazione, elaborazione e realizzazione pignatta.
Conoscendolo non cambierà, anche questo è uno dei suoi plus, per cui, forse, l’avere il civico in Via Stella, non è stato un caso e, al 22, seguendo cabala, 2+2 può anche non fare quattro.
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OSTERIA FRANCESCANA
Via Stella, 22
MODENA
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Categoria: Sararlo Graffiti
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