Qui siamo nella storia della Gastronomia trevigiana. Tuttavia sembra che le nuove generazioni non abbiamo saputo mantenere quel tesoro che derivava dal lavoro e dall' abnegazione di chi li ha preceduti, e che le anguille del Sile, tra le anse che bagnano Quinto, non si trovino più proprio a loro agio come un tempo.
A Quinto di Treviso il Sile disegna forse le sue anse più belle, rese immortali dal pennello di Beppe Ciardi, grande maestro dell’800 italiano.
E’ presumibile che il maestro, tra una pennellata e l’altra, trovasse conforto alla tavola dei Righetto, chiamata allora Locanda dei Cacciatori, gestita ancora oggi dalla sesta generazione di questi artigiani dell’ospitalità.
La proposta della cucina è tradizionale, ma il locale merita visita mirata per la grande materia prima che qui viene sviscerata, è proprio il caso di dirlo, nelle preparazioni più diverse. Parliamo dell’anguilla, chiamata familiarmente “bisato” dagli autoctoni.
Prima di passare per la cucina, le “bisate” hanno il loro Relais in cassettoni da Pirata Morgan immersi nelle placide acque proprio di fronte al locale (e ancorate con catenoni adeguati, sì che correnti improvvise, o manileste e affamate non le portino via nottetempo).
Se non siete di fretta, fatevi illustrare le storie del piccolo grande fiume da Toni Righetto: le mani nodose ne hanno “matate” di anguille, come anche documentato dalle foto, numerose all’interno del locale. Vedete negli occhi di questo arzillo vegliardo brillare una luce di ragazzo quando parla delle sue creature, magistralmente poi immolate alla brace, in umido o quantaltro dalle mani esperte della moglie Elda.
Il locale è ancora come lo trovava Giovanni Comisso, assiduo frequentatore, come pure Bepo Maffioli, personaggio eclettico e indimenticabile, inventore, tra l’altro, del Festival della Cucina Trevigiana,.
Ed è proprio qui, verso la fine degli anni ’50, che il locale ha trovato la sua collocazione definitiva nella gola e nella memoria di avventori vicini e lontani.
Dovendo competere con altri ristoratori della Marca, i Righetto capirono che era inutile mettersi a confronto con chi lavorava i funghi dalla notte dei tempi, o con chi conosceva tutti i segreti della Sopa Coada. Il loro segreto, anzi, la loro arma segreta, era lì, da sempre, nel fiume. L’anguilla, in un’Italia che si appressava al boom del miracolo economico, era considerata un piatto povero, le sue carni non avevano l’appeal di un branzino o, più semplicemente, di una trota.
Ecco allora nascere alcune proposte (come i Rotolini d’anguilla, serviti come antipasto) che hanno pianta stabile nella carta anche oggi , nel terzo millennio.
In questo Anguilla-Party ve li troverete abbinati con dei Crostini con patè (d’anguilla, of course).
Si sale di portata e ci si può intrigare con delle Tagliatelle fatte in casa, mirabili, con lieve gratinatura, ma la vera libido è il Risotto.
L’affumicatura è discreta ma ammaliante; all’inizio il grasso che trasuda dalle anguillee carni fa capolino ai lati del piatto, tra un carnaroli e l’altro, poi si rapprende e prevale l’affumicatura.
Pensate che, per godersi questo variare di sfumature al degradar di temperatura, si narra ancora di quel gruppo di bontemponi che, venendo appositamente dal Gran Milàn (parliamo della città, non dello squadrone pedatante), ordinarono 25 risotti: 5-cinque a testa !
Davanti a una sbigottita Elda se li papparono di gusto uno dopo l’altro.
Prima d’ inforcar vettura per tornare all’ombra della Madunina , vedendo l’espressione da lascia o raddoppia della proprietaria, confessarono che, quello di ordinar pentarisotto, era l’unico modo per poterne apprezzare tutte le sfumature con il passare dei minuti.
Storia vera, mica balle !
Proseguiamo. Ora fate un altro ambo. E’ meglio la Bisata in Umido oppure quella Fritta, presentata “uso scampi”?
Difficile dirlo. Vi verrà spiegato che quella “uso scampo” è una frittura come quella che si usa con il nobile crostaceo, ma la diversa consistenza delle carni e il vello di pellaccia grassa del bisato, rendono il gusto particolarmente apprezzabile ed originale.
Bene, avete sguazzato con piacere tra questi serpentoni d’acqua dolce, potete sentirvi appagati così, anche perché il conforto della cantina, pur se contenuto con poche ma significative etichette, vi porta ad un ammaraggio dolce verso una Catalana degna della tenzone.
Alla staffa, se lo volete, potete carburarvi lo spirito con la Grappa Tonini, trevigiana doc, che affonda la sue origini nella notte dei tempi, quando il Piave mormorava. Beh, vabbè, qui siamo sul Sile, ma non cambia molto.
Prima di alzarvi fermatevi a rimirar sulle pareti tutta la storia che i Righetto vi hanno raccontato con i loro piatti e la loro cucina.
Incorniciate per la memoria ci sono ancora delle schede di valutazione dei giurati in quel Festival di cui vi abbiamo parlato in apertura.
Allora la gerarchia non veniva stabilita dal centellinar di ventesimi, Alpha Centauri, o altre patacche, ma, in bella scrittura da stilografica, rime, quartine, versetti, celebravano le virtù di questa Locanda, delle fatiche di Toni, della Elda e dei loro Bisati che, come scorrono le chiare, fresche e dolci acque del Sile, vi rimarranno nella memoria, piacevoli, per reincontrarli quando la papilla nostalgica avrà di loro nuovo desiderio.
LOCANDA RIGHETTO
Via Guglielmo Ciardi, 2
Quinto di Treviso
Tel. 0422 - 470 080
Cuenta media 35€
Categoria: Sararlo Graffiti
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