In attesa di partire con la nostra creatura, un' altra comprasata su La Grande Abbuffata
Di Cerreto Guidi non c’è molto da dire.
Borgo di trascorsi medicei, di cui risulta testimone imponente e seicentesca Villa padronale, si trova a ridosso della Via Francigena.
Ora, che non si va più a dorso di mulo, dalla Firenze - Mare dista una ventina di minuti.
Da bravi toscanacci hanno il loro regolare Palio ove, a fine agosto, si scannano le quattro fazioni contradaiole.
La pisana (e quindi bischera) San Miniato è in bella vista affronte; la leonardesca Vinci a pochi passi; per i cultori della prosa montanelliana Fucecchio è là, dietro i colli i cui dolci declivi sono una delle soddisfazioni più belle per lo spirito che traccheggia verso le vie di questo borgo carneade o poco più.
Tuttavia, l’ omo è fatto non di solo spirito, e la panza ha la sua parte il cui percentile, nel motus vivendi, è affare proprio di ciascuno.
Reduci da commovente pellegrinaggio montanelliano, abbiamo sgommato lieti verso questa Cerreto guidaiola per venire a trovare quel giovane emergente dalle ali tarpate che recita Stefano Pinciaroli, Il Pincia per tutti.
Il Borgo de’ Lunardi è un relais di campagna ben riuscito. Nel tardo 2005 era ancora tutto in divenire, Pincia dalle belle speranze compreso.
Bella la simil torre padronale, riattata a camere con servizi; bella la piscina; come lucertole al sole le carni bianche di un turismo che proviene dai distretti baltici e dalla (non) cultura dei crauti wusterizzati a birra.
Il Pincia è sempre lo stesso, l’ occhio un po’ più spiritato del solito; la piacevole cadenza benigna e pieracciona è la medesima e divertente che avevamo conosciuto nei tempi d’antan.
Quattro pacche sulle spalle, qualche lieve sfottò d’ordinanza e ci si siede pronti alla pugna.
Guardare la Carta è un po’ desolante; quella dei Vini, poi, è una lunga parade: (28) etichette della medesima casa proprietaria di vigneti, immobili, piscina, cucine.
Ci si guarda nelle palle degli occhi, si abbozza …. carta bianca e pedalare… ovvero “facce ride, anzi godere” (per quanto lo permetta la maison).
Al Pincia gli si illuminano i globi panoramici e, in effetti, gli esordi sono ammodino.
Lì per lì parte una rivisitazione alla happy hour della Pappa al pomodoro. Divertente per una serie di motivi, tra cui una iniezione di aglio gentile che per nulla disturba il vicinato di tavola e una doppia lettura della salvia: lasciva nella concia pappona, appunto e, a controcanto, croccante in versione fritta.
Carburati da una delle poche etichette foreste residue della cantina monopolista e padronale, ci allieta i calici un Blanc de Bourgogne che fa ancora una volta capire come, in transalpinia, la cultura della bolla è roba seria.
Molto divertenti anche i Gamberoni con panure zafferana e sorbetto di cipolla a lato. E’ un gioco di acidità e temperature. I mozziconi di crostacei panurizzati vanno assimilati dopo relativa concia di sorbetto in cui, oltre alla cebolla certalda, c’è una componente salina dosata veramente con perfido genio, il che rende assai godibile tutto il contesto. Bravò. Si Pincia alla grande, non c’è che dire.
L’ erezione palatale dovuta alla Cucina pinciarola si conferma in progress con il piatto a seguire.
Degli ottimi Tagliolini ai frutti di mare.
Va spiegata, così gode anche l’ astemio lettore.
I Tagliolini (che sembrano, invero, vermicelli) sono mattarellati in casa with basilico. Ottima la consistenza, dovuta a due tre furbate nell’ uso di farine occhei. Poi vengono buttati nell’ acqua impregnata di sale salmastro dove erano stati pria acconciati i frutti di mare.Il tutto spadellato, poscia, di lena a dovere.
Risultato. Il transfer di salinità (banale, a pensarci) risulta vincente.
I primi approcci al boccone vi regalano veramente un deja vù da piedi nella rena. Vi pare di avere Posillipo in fronte; la sirena di Daril Hannah è lì, a portata di mano vorace.
La qualità della materia prima fa il resto.
Perfetto. L’ eccellenza del piacere di lettura provato, tra le sale montanelliane, si conferma traslato nella cultura materiale della Cucina del Pincia, alias Pinciaroli Stefano.
Così carburati si prosegue con la cavità orale umettata di piacere q.b.
Buona la Tempura (ancora una volta un plus ai gamberoni) che fa il bagnetto in una spuma di soia.
Dopo tanta eccitazione erettile il palato s’ammoscia un po’, ma non è colpa de Il Pincia, a nostro modesto e banale avviso.
Il Tonno scottato alle erbe fini è un buon tuna; tuttavia il piatto si salva mediante l’ accoppiamento umido con la soia concentrata. Buone e croccanti le verze di accompagnamento. I Rossi pachini stanno cromaticamente bene nella gastro.photo per i posteri.
La stessa cosa si può dire con il chianino Filetto del Falaschi (beccaio stardust, like Cazzamali, versione pisana … e senza “battute” di contorno). Un’ ottima creatura, cotta a fuoco lento per settimane; abbellita ‘n coppa con quella che, in apparenza, sembrerebbe la testa di un porcinazzo, in realtà è una panure di rubra cebolla certalda & parmesan.
Il fondo è trattato con sapiente elaborazione di Balsamique traditionel. Toniche le spinaci messe a far companatico.
Dicevamo dell’ ammosciamento sensoriale.
I due piatti sono corretti, nulla di che. Il filetto, tra l’altro, boccone assai generoso, andrebbe bene come piatto semi unico in una comanda di due.tre cose. Inserito, accussì, in un percorso degustativo, fa la figura di un Tir nel paddock di agili granturismo fuoriserie.
La spiegazione è presto detta. Quando non sei depositario unico del marketing dei tuoi mestoli, ovviamernte anche la proposta culinaria e creativa deve trovare le sue convergenze parallele con i voleri della proprietà.
Non è sempre facile, e l’ occhio del Pincia parla da sé.
Buono lo Strudel rivisitato (gelato alla vaniglia, tortino morbido di mele, riduzione di cannella) e altrettanto dicasi per i tre sorbetti, di cui un eccellente melone, e due bravi ananas e strawberry (fragole).
Che dire.
Stefano Pinciaroli ha trent’ anni. Oramai da qualche stagione gestisce in proprio, comunque, una realtà operativa mentre molti suoi coetanei sono ancora underchef.
Il giovanotto è persona dal porsi modesto e volitivo.
Nei primi piatti descritti abbiamo notato una identificazione abbastanza precisa e puntuale di uno dei suoi modi di proporsi come “Autore”. Le gestioni anzidescritte degli equilibri tra consistenze, temperature e, soprattutto, acidità, ci hanno confermato l’ intuizione primigenia di mano felice e mente sveglia e in progress.
Tuttavia il soggetto, a nostro avviso, si trova con le ali un po’ tarpate e un talento costretto da contingente camicia di forza.
L’ augurio, quindi, è di perseguire nella sua progressive cooking art e di riuscire a trovare equilibri più avanzati, vuoi con la sua attuale proprietà (che ha creduto generosamente in lui sin dall’inizio) vuoi in possibili e alternativi universi altrove.
La Cucina del Borgo.
Via Torribina 46
Cerreto Guidi (FI)
Tel. 0571 – 559585
i...@borgodeilunardi.it
www.borgodeilunardi.it
Chiude il lunedì.
Cuenta media: 40-50€
Categoria: Sararlo Graffiti
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