Cosa può la forza di volontà. Vabbè, è risaputo che Fabrizia Meroi e Roberto Brovedani sono due eroi, ma anche inerpicarsi su a Sappada non è proprio uno scherzo. Non è tanto una questione di chilometraggio in sé, ma di un traffico e di una tornantistica stradale che ricorda un po' il "volli, sempre volli, fortissimamente volli" di alfieriana memoria.
Poi tutto vale la pena, e non solo per il bon bon d'eccellenza (gourmand e oltre) che è il Laite, ma perché Sappada e dintorni la scampagnata (con relativo soggiorno) la meritano tutta.
Siamo in uno dei migliori centri della turistica veneta; Veneto vissuto più per casualità geografica che per reale dna di queste genti. La lingua vernacolare è ben diversa dal belumat classico; le radici degli autoctoni sono miste, un po' austroungariche, un po' friulane.
Prima di fiondarvi a ragionare di piacevoli calorie date pure un' occhiata all' intorno. Ci sono almeno due o tre borgate che hanno mantenuto l' architettura classica d' antan: case in legno recuperate con amore dai secoli passati.
In una di queste enclave di Plodn (la vecchia Sappada) svetta l' insegna del Laite. Sul piazzale venite distratti da altre insegne; loro sono lì, in una piccola magione che potrebbe sembrare un po' quella di Hansel e Gretel. Infatti vi trovate casa & bottega, forse anche a testimonianza di come questa coppia sia legata non solo alla propria terra, ma anche al proprio lavoro.
Il locale è, in realtà, un bilocale. Pochi tavoli. Boiserie alle pareti. Uno si chiede dove sia poi la Cucina. Noi ci siamo fatti un' idea ma, se proprio volete saperlo, fate un salto lì, vi togliete la curiosità e vi gustate scampoli d'amore e passione (se è vero che un Cuoco vi racconta di sé attraverso i suoi piatti, Fabrizia è quasi ... logorroica; Roberto ci pensa di suo, con bocce in jam session di pregiata eccellenza). Tutte le leggende metropolitane che si raccontano del Laite ve le confermiamo in partenza. Per chi è rimasto indietro di qualche capitolo, voilà la prosa a seguire.
Si comincia con un buon Tonno e pappa al pomodoro. Un toscanismo di mare che ben si abbina alle arie dolomitiche.
A Bob Brovedani diamo carta bianca, segnalando alcuni piatti cui non vorremmo rinunciare.
Come succede sempre al primo incontro, ci si prende un po' le misure, non conoscendo l' uno dell'altro, o comunque non in maniera simmetrica.
Dopo il secondo allappo Mr.Laite è partito per la tangente e, praticamente, ci ha sottoposto tutti i gioielli di famiglia.
Elegantissimo e selvatico il Capriolo salmistrato con radicchietto di montagna e wafer croccante. La "capriola" rispetto all' entrèe è a 360° nella forma, coerente e conseguente nella sostanza.
I convenuti entrano a spizzichi e bocconi. Sono prevalentemente habituè di più o meno lungo corso. La dimestichezza con la casa è evidente. Alcuni di strada ne hanno fatta parecchia, pure loro. Un gioviale signore meneghino, sull' ottantina, assiduo si presume sin dalla fondazione, all' apprendere che qua vi è una stella gommata si complimenta "veramente". L' abbozzo di Brovedani è da Blob Star. Meglio tardi che mai; anche perché, qua, la stella gemellina ci starebbe pure bene.
Comincia uno dei primi caroselli vinari. Siamo sui Pirenei, del produttore intuiamo a peu près (pressapoco) incompleta anagrafe. Bella l' etichetta. Sentori di Grenache annunciata.
Minimalista e confidenziale la Carta del menù. I Piatti sono presentati senza troppi vissanismi (ovvero, almeno un centinaio di voci, o giù di lì): ingrediente principale, uno o due sparring partner a completare l' opera. Il tutto di scrittura amanuense, su righe grandi, come a scuola, corpo 26, giusto per andare incontro agli ammiratori ottantenni.
Nei Manicaretti alle erbe con ricotta affumicata, un piatto che rende omaggio ad un grande Mestolo carnico, Gianni Cosetti (le due "s" vergate in Carta probabilmente vogliono essere un rafforzativo di stima riverente), si esalta il gioco tra il dolce e l'amaro.
Al tavolo vicino un anonimo (e presunto) Chef emergente, racconta ai suoi astanti delle proprie anabasi tra cucine d' eccellenza. Eccoli i rumors di retrobottega. Gli inediti su XY, Pinco Pallo, 2 stelle e basta. Per fortuna che non siamo giornalisti. Non prendiamo appunti e ci dilettiamo di allappi e megapixel.
Prima importante petardata. Roba da eco tra le vallate sappadine: Tagliolini di riso venere con trota affumicata. Siamo nel distretto tromp l'oeil. Per chi segue queste cronache marziane, così si intende di una rivisitazione, proveniente da un mondo altrove, di piatto consolidato. Un po' come il "Riso di seppie" di dalveriana memoria. Della serie: i tagliolini sono alieni, sembrano quello che non sono. In questo caso l' X File al piatto, cioè i Tagliolini, sono abile rielaborazione di riso venere. Paiono veri, in effetti. Nella costruzione, pur se anonimo in Carta, recita la sua parte anche il porro, che permette alla trota di espletare il suo finale lungo, intrigante e ... affumicato. Applausi & CinCin. Peccato che i cin siano di vaglia, ma per noi pressoché anonimi. L' ottimo Brovedani ci declina tutta l'anagrafe d'etichetta; versa al calice ma, in realtà, pare di essere a quelle degustazioni alla cieca, dove si tira un po' ad indovinare perché la boccia è mostrata sempre di terga, con la sua identità celata (naturalmente non lo fa apposta, sicuramente dà per scontato di essere tra pari).
Comunque il Tocai Castellana siamo riusciti a memorizzarlo. Bòn.
A seguire incrociamo il palato con la Zuppetta di fagiolini con raviolini di faraona alla brace. Spettacolare lo stacco da fogolar brusà (cioè commestibilmente bruciacchiato) della faraona.
Let's Laite again con il Tortello all' uovo con bietole e guanciale croccante. Dicono che con il piatto di montagna il gusto ci guadagna. Sarà anche saggezza popolare o talento stellato: forse è il secondo a gestire con abilità la presenza dell' ovo à la coque all' interno del vello tortello. Si gioca: vedo non vedo (l'ovo), si puccia (la coque), si gode (tutto).
Passa un Pinot nero, saluta inchinandosi a 90°. Borgogna, I suppose.
Che fossimo condannati a godere era un sospetto esistenziale. Il che si conferma con la Vellutata di cacciagione con panna acida. Qui è in forzata versione da degustatio, cioè mignon. Servito integrale deve essere oggettivamente traviante. A questo punto giochiamo con Bob Laite. Dicevamo che i fuori comanda stanno palesemente travolgendo, per quantità, i desiderata originali.
"Roberto, mi consenta ..."
"Prego"
"Lei si sta chiaramente prendendo delle libertà nei miei confronti !"
(la facies si allarma di colpo; un colpo basso, evidentemente, all' illusione di ricevere un complimento dovuto)
"... non capisco, c'è qualche cosa che non va ?"
"No, no, volevo solo dirle che continui pure a prendersi tutte le libertà che vuole".
Arriva un calice di ringraziamento fuori programma, ma neanche stavolta l' etichetta è "in chiaro".
Il Raviolo con radicchio di monte e scamorza affumicata ci ricorda, per analogie di sculture edibili, la scuffia di Nonna Papera. Lo ingoiamo con affetto. Ognuno ha una nonna nel suo cuore che non dimenticherà mai.
Dopo una giornata da minestrai si comincia a ragionare di concetti superiori.
Ne avevamo molto sentito parlare e, in effetti, gode di giusta fama la Terrina di foie gras e petto d' oca affumicato (in pratica una millefoglie goduriosamente ipercolesterolica). Accompagna la fat symphony pregiata composta di rabarbaro e finocchio. Di eccellenza, anzi stellare, la caramellatura.
Bob si riprende dal coccolone del "mi consenta" e comincia a raccontare. La Sala inizia a prendere ritmo. I tavoli ad avvicinarsi tra loro nel soul dei commensali. Anzi, addirittura stavolta vediamo l'etichetta, un Capitelli by Anselmi.
Siamo davanti a un Sommelier rockettaro. Anzi, ad un rockettaro che, per copertura, fa il Sommelier. Fabrizia non è da meno. Una volta l'anno questa coppia d' alpeggio si inventa una Cena a tema, correndo di pignatta creativa per i sentieri dell'arte. Due anni fa si sono cimentati in un happening culinario laddove non si trattava tanto di azzeccare abbinamenti eno.edibili, ma di piatti che andassero in armonia con le sing & song ... dei Led Zeppelin. Roba seria. Fabrizia afferma orgogliosa che la loro figlia tredicenne è cresciuta a latte & Bono Vox. C'è da aspettarsi una Cena U2, con piatti che vadano da Joshua tree a Unforgetable fire & so on. Ok. Waiting list. Please.
Voilà, sul palco, il Cervo cotto con punte di abete. Divertenti i grani di sale grosso posti guapi around the plate.
E One; and two; and one, two, three.
Ricominciamo da due, Troisi lo lasciamo per dopo.,
Tartare di capriolo con caviale (asetra). Come al solito, anche qua si va di sottrazione anagrafica. Sul piatto c'è, non dichiarata, anche una crema di formaggio, ovviamente acidula. Siamo di fronte all' esaltazione della materia prima. Cioè, va da sé, del capriolo.
Cima Coppi anche con la Lepre cotta a bassa temperatura. L'avevamo esclusa per pudore, all' inizio. Bob, facendoci l' occhietto, ce la porta. Psicologo il Brovedani. Sa fare la quadra tra la ghiottoneria dei suoi intuendone la relativa cilindrata gastrica. E noi gli abbiamo anche riservato un "mi consenta" a trabocchetto.
Viene fuori il Laite's spirit, proprio come ci avevano preannunciato palati abituali.
Sarà la sala piccola; sicuramente anche un po' di Bacco complice; Brovedani farà anche il Sommelier per copertura, ma potrebbe essere un intrattenitore al Letterman show. Sa mettere in sinergia sconosciuti che, pur a contatto di gomito, sembrano inizialmente condizionati da pudori e riservatezza metropolitana. In men che non si dica, ad un certo punto, se uno facesse partire la hola il locale sobbalzerebbe da una sala all'altra.
Al formaj tre piccole eccellenze locali con confetture di rito (ribes und ananas with rosmarino).
Oltre al Capra stagionato del fieno, meritevole di memoria il Gorgonzola di capra.
Divertente lo stacco da ... uovo di Colombo della Macedonia di frutta e verdura con gelato all' olio d' oliva. A conferma che la semplicità è genio.
Si prosegue, tanto per togliere ogni dubbio residuo, a pappare tutti i Dessert. Il misto in doppia coppia e il leggendario Prato.
Del poker diabetico un encomio alla Sfoglia di pesche, forse la migliore di una banda in cui rientrano un classico Tiramisù, un curioso Canederlo di meringa ai frutti rossi e pistacchio di Bronte, nonché una Millefoglie di chocolat und fichi.
Il Prato. L' idea si conferma nei binari della creatività di eccellenza, quanto semplice nella sostanza. "Polvere di cioccolato" tostato con mano lieve; crema di yogurt, petali assortiti del giardino di casa. Un po' di zabaione al tabacco, tanto così per non strafare.
Fabrizia arriva in sala. E' una donna che, letteralmente, vi può conquistare. La femminilità può essere tante cose. Qui si sente cuore e intelligenza; una sensibilità che, forse, sarà anche affinata dall'aria di montagna, ma è di spessore, senza essere per nulla caricata dalla parte.
Anzi, per chi prende confidenza con il modo di fare della persona, vi sono dei tratti che letteralmente vi portano ad esserne Fan carta oro.
Bella coppia i Brovedani. Il Laite è un posto del cuore. Il desiderio di tornare fa sopperire, ampiamente, alla logistica non proprio della porta accanto. Cin, alla prossima
LAITE
Borgata Hoffe, 10 - Sappada (BL)
Tel. 0435 - 469070
Chiude a giugno e ottobre; il mercoledì e giovedì (tranne che ad agosto)
ristorantelaite@libero.it
Si gode dai 70€ in su
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Categoria: Schede Ristoranti
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