Ognuno, nella vita, può avere delle Griffe che gli fanno da orsacchiotto, cui è affezionato, per mille motivi.
Tubbs & Crockett sgommavano per le strade di Miami con eleganza tipicamente Armana.
La Bionda per eccellenza dell’immaginario mondiale e collettivo confessava di coricarsi, la notte, fasciata dal solo Chanel, rigorosamente 5° misura.
Ora, piùchemmai, tra il mondo della Moda e quello della Tavola le liason sono sempre più strette.
Esilarante l’ultima soap opera che ha visto protagonista un’etichetta che fa Gold, e alcune Penne di Diamante, a caratura diversa, del golosario nazionale.
Nel nostro piccolo abbiamo anche noi la nostra griffata copertina di Linus, e questa recita Cipriani.
Un’impero relativamente giovane che, giunto alla terza generazione, si è multinazionalizzato a modo suo.
Alcuni discendenti hanno aperto diverse sedi all’estero, così come l’estero è venuto a casa loro, nella fattispecie ad Asolo.
Già, Asolo, la Città dei cento orizzonti.
Buen retiro di una certa Eleonora Duse, ma anche preclaro esempio di una internazionalizzazione ante litteram.
Molte delle sue vie sono state battezzate a ricordo di personaggi illustri e poliglotti, da un Browning, ad una Freya Stark, inglese centenaria che visitò tutto il mondo allora conosciuto, e senza Alpitour.
Importante la Colonia Russa che vi dimorò nell’ interguerra del secolo scorso.
L’attuale palazzo sede dell’Hotel Villa Cipriani venne acquistato dai Guinnes, quelli della Birra che, fatti i soldi con il luppolo, vennero a goderseli qui, nel ProseccoShire.
All’inizio degli anni ’60 babbo Giuseppe Cipriani, mandò un giovanotto di nome Arrigo a farsi le ossa tra i tavoli del ristorante dell’albergo cui aveva dato il nome.
Poi passarono gli anni e la proprietà subentrata è a stelle e strisce, come gran parte della clientela che viene qui a godersi i tramonti di una vita che procede di pari passo.
Infatti, in quella pedemontana Prosecca et Amorosa che idealmente si dipana tra Bassano e Conegliano, due possono essere le possibili enclave per week.end di Venere e Bacco con contorno d’arte secolare: l’uno è a Follina, l’altro è qui, vicino ai Giardini dove passeggiava la Regina Cornaro.
Si potrebbe definire un locale Old Fashion, intendendo per questo una realtà in cui si è orgogliosi della propria storia, attenti nel mantenerla, nei limiti del possibile, fedele alla tradizione che vi è passata a goderne panorami e piatti abbinati.
La Carta del Menù è ben curata, suddivisa anche per capitoli ben attenti alle esigenze di una clientela multicolore.
Linea Classica, Vegetariana, Light e quantaltro.
Lo stesso dicasi per la Carta dei Vini, dove magari non vi saranno eccellenze particolari, anche se Krug e Sassicaia rispondono all’appello, e nemmeno l’ultimo grido in fatto di Borgogna in Triple A; comunque si può scegliere senza troppe rinunce.
Come saluto della cucina può arrivare un piattino di Polpettine di Carne e Fiori di Zucca fritti che fa la sua parte, nell’attesa di un Carpaccio alla Cipriani svolto secondo il testamento del fu Giuseppe.
Interessante un cicchetto del contado, ‘na Fetta di Salame cotto nell’Aceto, come piaceva a Sergio Saviane che, qualche colle più in là, ha passato una vita a sbertucciare pippibbaudi e mezzibusti.
In linea con la Harrysofia anche la Pasta e Fagioli, pur se in Calle Vallaresso ve la servono in versione tagliarella; qui invece vi confronterete con quelli che, nell’asolano, si chiamano “subiotini”, ovvero piccolissimi maccheroncini mignon.
Ma il rito resta uguale. Vi arrivano con il tavolo di servizio, il vassoio rigorosamente 800/°°.
Vi aggiustate q.b. di Olio e Pepe e , una volta terminata la prima manche, il personale, vedendovi giustamente soddisfatti, vi propone di far felice anche il cuoco, tanto bastano altre 2-3 cucchiaiate per mandargli indietro la pignatta vuota.
Detto fatto, non costa nulla…. anzi, a dire il vero, è già pagato.
La stessa scena si ripete più o meno con il Risotto, declinato secondo stagione, e quindi, ora, biturbo con Zucca e Radicchio.
Molto bene il fondo di cottura, in cui si percepisce che il Prosecco è usato in maniera competente.
Lo sguardo d’intorno spazia infinito, facilitato dalla notte stellata, punteggiata dalle luci più o meno lontane di una terra operosa e proiettata nel terziario avanzato. Eppure, qui, in una scenografia che declina in beige, se al tavolo vicino vi chiedessero che ora è Spencer Tracy o Audrey Hepburn, non vi stupireste più di tanto.
Dallo slang, invero, sembrano australiani, chissà.
Dicevamo del Prosecco.
Avevamo scelto un Pinot Grigio d’affezione, di Mario Schiopetto, che però ci portano in versione bianca, scusandosi per la dimenticanza di non averne specificato l’esaurito in Carta, fa niente. Se venissimo dal Nebraska non ce ne saremmo nemmeno accorti.
Prosecco, invece, rigorosamente sul Filetto, con una Salsa che lo avvolge e si fa pucciare mano a mano che
ne smembrate le fibre.
La cottura è perfetta, e ringraziamo il cielo che, il pur solerte servizio, non ci ha sfibrato chiedendoci come lo volevamo: al sangue, alla brace, carbonizzato.
Evidentemente un retaggio degli anni ’60, quando queste finezze non si usavano ancora: l’ importante era mettere insieme pane e companatico. Approposito, ottimo il pane, probabilmente viene dal vicino forno a legna, uno degli ultimi sopravvissuti nella regione lì, a due passi dalla Piazza del blasonato mercatino antiquario.
Viaggiando bimodali restiamo coerenti anche al Dessert, e quindi, in fiammante technicolor, ci vene offerto lo spettacolo della Crema-Crèpe flambè al Grand Marnier, in cui però risulta protagonista una straordinaria ciotolina di Cioccolato fondente che custodisce un ottimo Gelato, ovviamente alla Crema. In più, uno strepitoso Zabaione che, prima di cliccarlo tra i preferiti, ci eravamo assicurati che venisse shakerato al momento.
Notevole, tipico della nonna, anche se il pasticciere ci è sembrato un ragazzino sui ventanni o giù di lì.
Ottima piccola pasticceria finale che, pur se non sarà frutto dell’olio di gomito e burro de la maison, perlomeno è stata scelta con criterio.
Servizio cortese, gentile, puntuale.
La coppia cangura se ne è uscita in silenzio e felice, probabilmente andando a giocare a boomerang nelle ampie Suite con vista sin quasi in laguna.
Noi ci perdiamo tra i portici che, da secoli, hanno visto passare un po’ tutto il mondo in una Asolo resa immortale, forse perchè protetta dalle sue architetture, dai suoi silenzi centenari, rimanendo un’ isola felice e privilegiata, con vista generosa sugli anzidetti plurimi orizzonti e con un buen retiro lì, a pochi passi, tra gli stucchi e gli arredi ospitali di Villa Cipriani.
Hotel Villa Cipriani
Via Canova 298
31011 Asolo (TV)
Tel. 0423 – 523411
Sempre aperto.
Entry Level, da 60€ in poi
Categoria: Sararlo Graffiti
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