Chissà perché, ma il primo incipit che ci è venuto a mente per l’ attacco del “pezzo” è stata quella fortunata serie di Tullio Pericoli ed Emanuele Pirella: “Tutti da Fulvia sabato sera”.
Tutti da Silvio la domenica del villaggio ?
Tranquilli, non vi vogliamo segnalare indirizzi di Arcore, anche se siamo in Lombardia, a Bellagio per la precisione.
Ci si può inerpicare ivi per strade un po’ da rally, anche se è molto più suggestivo, da happy few, arrivarci via mare, con un Riva Aquarama, magari dall’altra sponda, Lenno per la precisione, dopo aver visitato la più bella villa del reame, Villa del Balbianello, patrimonio del Fai e buen retiro di Guido Monzino, uno dei più importanti esploratori italiani del secolo scorso.
Dal lago, dicevamo, godendosi la brezza della buona stagione, si può arrivare sfiorando un’ altra bella villa, quella dei Melzi d’Eril.
Allo sbarco vi attende una scalinata in stile Versailles, dopo di che, dai sogni ritornate alla realtà, cioè sulla strada, ma ospitale, di lì a qualche passo, c’è il Silvio della storia che andremo a raccontare.
Ristorante e Albergo, da Silvio è sede storica dell’accoglienza bellagese.
In particolare, negli ultimi anni, il bravo Cristian (il suo faccione simpatico lo potete incrociare nel sito di famiglia) ha saputo implementare il plus della casa, ma anche del Borgo natio, ovvero l’ Ittiturismo, tramite la valorizzazione assoluta del pescado locale, aiutato in questo anche da una diversa attenzione per l’ecosistema lacustre, nonché la recentissima costituzione di uno specifico Presidio Slow Food atto a sostenere questa mission ispirata.
In effetti, lungo il percorso di un pranzo festivo, abbiamo incrociato pinne e squame che, almeno in parte, ci erano ignote.
Il locale è di quelli che si potrebbero definire “extra.large”, con numeri importanti: si viaggia tra i 150 e 180 coperti, nei turni di punta.
Tuttavia, almeno e limitatamente alla nostra esperienza, ci è sembrato che ognicosa sia gestita con buona puntualità, cortesia e professionalità dal personale tutto.
La planimetria, sostanzialmente, si divide in una grande sala, all’ombra, e in una parte invece con uso di veranda e vista panoramica sul lago.
Se la giornata è molto soleggiata, come è capitato a noi, non è detto che la vista veranda sia la scelta migliore, soprattutto se le pale atte a far girare l’aria, chissà perché, non sono state azionate. Si rischia, in questi frangenti, l’effetto sauna.
Sarà meno suggestivo ma, nel caso, suggeriamo l’ opzione pergolato, dove magari si vedrà meno lo scenario da cartolina, la strada è da due passi, ma almeno la brezza aiuta.
Abbiamo optato per un percorso guidato, come detto, attraverso un campionario di itticità lacustri con alcune eccellenze degne di nota.
Come da copione il Lavarello alla livornese; nella norma il filetto di Pigo in salsa verde; degna di nota, invece, la Frittura leggera di Luccio, da bis e sull’ attenti.
L’ Insalatina di Pigo con i funghi tira la volata a due filetti lavorati con il Balsamico; per noi, quello di Savetta meglio vs. quello di Lavarello. Nell’ ipotesi di un possibile ritorno rientra nelle proposte che vorremmo re.incrociare di nuovo a palato lacustre.
Prendiamo atto che i Patè si possono fare sia con il Lavarello che con l’ Agone.
Tuttavia credo sia più una citazione di tecnica applicata ad una materia prima che, di per sé, non ha una particolare potenza.
Lo Sformatino di Zucchine e Savetta rientra nella linea Menù Oriali, anche perché, i pezzi forti arrivano dopo.
Le Caramelline in salsa alle nocciole sono divertenti.
Sono dei rotolini di itticità diverse adagiate su insalatina. Sopra vi è una furbata, la salsa alle nocciole anzidetta, che però rende il piatto piacevole al ricordo e, soprattutto, al palato.
Abbiamo altresì buona memoria dell’ ottimo l’ Agone in carpione, e ancora meglio dei Missoltini del Lario.
Questi vanno un po’ spiegati.
Sono degli Agoni, ovvero Sarde di lago, che vengono essiccate en plein air con sapiente tecnica secolare (nel XVI° secolo venivano addirittura usati come moneta e merce di scambio).
Poscia vengono conciate e pressate all’interno di sorta di barattoli, le missolte, che danno loro il nome, oltre che conservarli per il consumo alimentare lungo gli otto mesi dell’anno in cui non si possono più pescare.
A noi ricordano un po’ le aringhe affumicate, dette anche Renghe nel tipico slang serenissimo.
La Zuppetta di Bottatrice rimpannuccia i nostri visceri di pappa calda che diluisce un po’ il potenziale lungo sentore fumè dei Missoltini.
Si finisce questo rally dei mille laghi in salita.
Bene le Corde di Chitarra al Luccio e Broccoletti; rush finale e bandiera a scacchi con i Tortelli di Pigo al burro versato.
Buoni, solidi, senza fronzoli, eppure efficaci.
Il Semifreddo alla mela verde addobbato con salsa rubra (fragole o qualcos’altro) non si fa rimpiangere.
Un po’ Bindi’s style.
Ma qui si viene per il pescado du lac, come detto, e il percorso è talmente vario e articolato che non consideriamo pietra miliare la dessertizzazione finale di cotanto andare di lenza nella Bellagio Bay.
Il potus è stato allietato dall’unica produzione autoctona, un Sorsasso blanc et rouge, che abbiamo gradito di più, ad ampie sorsate rinfrescanti, nella sua versione albina.
Per l’approfondimento enologico potete cliccare su www.sorsasso.com.
Nell’ uscir a desinare possiamo incontrare diversi format vivandieri.
Bellagio è nota come enclave molecolare di Ettore Bocchia, al Mistral.
Certo, doveste uscire, tete à tete, con Charlize Teron per discettare della filosofia di Erasmo da Rotterdam, quale miglior cornice di Villa Serbelloni e magari del suo Rombo assoluto?
Tuttavia, può capitare di trovarsi anche con combriccole eterogenee e quindi la buona Trattoria è meta più consona.
Silvio è un buon Ristorante, o Trattoria che dir si voglia.
La Cucina ha un buon standard, considerato nel suo ambito.
Non abbiamo trovato nessuna caduta, pur se alcuni piatti ci hanno colpito di più e altri meno, ma questo è legato anche a quanto permette materia prima diversa.
Alcune proposte si sono conquistate appieno lo status di piatti del buon ritorno.
Meritevole l’opera di recupero della cultura di pesce lacustre operata dalla famiglia Ponzini, e in particolare da Cristian.
Certo, la Savetta non potrà competere con un Branzino della corrente del golfo e anche il Pigo cede il passo alla Ricciola, ma tutti sono stati buoni interlocutori che, comunque, vale la pena conoscere, e Casa Silvio è magione sicura di prodotto certificato.
Nelle quattro chiacchiere finali abbiamo apprezzato ancor meglio il lavoro di Cristian che è uno che ci è e che, certamente, non ci fa, anche perché, dopo essersi spupazzato ore di sala e di servizio, alle due e mezza di notte salpa sul Lago, reti in resta, per rifornire la stiva delle sue cucine.
Nel congedarci con un sorso di Sorsasso in versione sgnappa & alpina, abbiamo maturato la curiosità di tornare, magari in condizioni più tranquille, per conoscere meglio questa Cucina e, soprattutto, i suoi prodotti.
Troppi nomi (Savetta & Pigo in primis) ci risultavano carneadi assolute.
Chissà se, a parte, il Silvio’s Restaurant, grazie anche allo sviluppo del Presidio S.&F., fornirà al viandante di passo qualche info più dettagliata sulle specie e le originalità che il loro impegno e lo sforzo di ogni giorno traslano dal quel ramo del lago di Como al piatto gourmand.
Prosit.
RISTORANTE SILVIO
Via P.Carcano, 12
22021 BELLAGIO (CO)
Tel. 031 – 950322
Fax. 031 - 950912
www.bellagiosilvio.com
info@bellagiosilvio.com
Aperto: sempre
Ferie: da Epifania a metà febbraio
Cuenta Gaudia: 40-50 ca.
Categoria: Sararlo Graffiti
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