Dizionario Sararlo-Italiano

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L'ALBERO FIORITO - Milano

Powered by Sararlo 12 December 2006 ·

(15 Days before – 7.55 p.m.)

“Ciao Aimo”
“Ciao! Come stai?”
“Bene, anzi Benissimo, perché so che tra 15 giorni sarò da Te”
“Ah, bene, quando?”
“Venerdì, venerdì sera”
“Aspetta ….  accidenti, ho una cena aziendale … sai com’è, sotto le feste è sempre così … e nella sala piccola i quattro tavoli sono già prenotati da tempo… “
“ Acc…”
“Mi dispiace, mi spiace davvero … “
“Ascolta Aimo, facciamo così, il mio cellulare ce l’hai, fa niente, aspetto, tanto ho un Corso che mi prende tutta la giornata, se si libera all’ultimo momento qualcosa mi chiami e ci salutiamo, al tuo tavolo”
“Ok, va bene”
“Ciao Aimo”
“Ciao”

(15 Days later – 6.30 p.m.)

Le luci della Sala si spengono, l’ultima carie se ne è volata nell’oblio di una giornata dai bioritmi trapanevoli.
Il Cell. è rimasto spento, o meglio, si è illuminato, ma di altri numeri.
D’ altra parte è così, i fans di Via Montecuccoli sono molti, in questa ennesima primavera di uno Zio Aimo che non tramonta mai.
Che fare?
Stamattina, invero, avevamo sfogliato le pagine dei tom tom di gola, le tentazioni erano plurime, per carità, ma sarà l’occasione dei baci e abbracci sotto l’albero, sarà che il primo amore (meneghino) non si scorda mai, tuttavia speravamo nella telefonata in zona Cesarini e oltre, magari anche per desinare sul bancone della reception, ma nada, de nada, anzi, de Nadia.
Sul selciato, illuminato dalle luminarie santambrogie, le stelle ci stanno a guardare.
Mumble, mumble …
892.892
Albero Fiorito – Via Andrea Pellizzone, 14 – 02  7012 3425
”Salve, vorrei prenotare per stasera, avete un tavolo?”
“No, guardi, non accettiamo prenotazioni. Apriamo alle 19. Veda lei”
Il taxi viene preso al volo, come un tramway a Frisco.

Avevamo letto, sapevamo dell’atmosfera un po’ boehemien che circondava questo locale che carbura di passaparola da generazioni.
All’entrata della strada chiusa già il bestiario umano è rappresentativo.
La Demoskopea e Manneheimer si fermerebbero per giorni.

Al bancone ci attende una faccia parente di Giorgio Torelli, grande penna parmense degli anni ’80, o di un Giovannino Guareschi un po’ imbiancato.
Vediamo che c’è posto, ok, fatta.

Da ora comincia una Carrera Ambrosiana che avrebbe deliziato il Blasetti che fu.

Al bancone ricevete due cose.
La direttiva per dove andarvi a sedere e la boccia del vino della casa, per cui ognuno ha la sua autodafè pubblica, in cui confessa le sue pulsioni, per noi Refosche, nel caso.
La boccia ha l’etichetta domestica, che pare stampata come le fisiologiche dell’Asl, manca solo la data di scadenza.

Ti arriva il Menù del Giorno, scritto a mano.
Ci colpisce la voce “panino”, 0.20€, ma abbiamo voglia di viaggiare di piatti regular.
Il tavolo ha la sua bella cerata, il tovagliolino di carta è pulito.
Neanche il tempo di costruire l’ avvicendarsi della trama al piatto che ci vediamo una bella coppia di nonnini che si siede al tavolo.
Lui, da perfetto cavaliere, regge la boccia di bianco.

La comanda ha il suo eseguito, con poche parole.
Milàn l’è un gran Milàn, dal coer grand.
E infatti, con i due nonnini, si comincia a parlare.
Tiriamo fuori la megapixel per fotografare i piatti (oramai è una dipendenza…) e la Nonnina, prontamente, tira fuori la sua, mostrandoci le foto a 4 pollici in technicolor dei nipotini che crescono, pensa un po’,  tra il radicchio trevisan.
E’ fatta, potremmo essere al Costanzo Show, uguale.
Il Nonnino è un ex beccaio, e ci narra di dazi, prosciutti sandanieli, e spedizioni varie in un nord est vaccino e suino che conosce a menadito.
Sento che stanno quasi per adottarmi come nipote, quando arrivano le Sarde fritte, per loro, la Minestra di Orzo e Fagioli per il sottoscritto.
“Ma lo sa che in Cucina, il sor Gianni, ha ancora la sorella e la mamma di 90anni?”
“Ma và…”
“Si pensi negli altri locali, dove hanno tutti quegli extracomunitari, sa quanta tbc c’è in giro…, qui almeno si è al sicuro”

In effetti, uno starnuto, di questa stagione, può capitare, pensa se davanti allo stracotto, si profila il rischio di una mantecatura che non osiamo pensare.

Ci guardiamo in giro, sembra il cast di un film a cavallo tra gli anni ’50 e ’70.
Ogni tavolo è un melting pot di una Milano che è passata da De Sica (Vittorio) a De Sica (Christian).
In mezzo, il vecchio bullo spelacchiato della Bovisa, qualche (presunto) Leonka in libera uscita, breriani di varia fatta, un po’ di Navigli e qualche Dama che, dopo lo shopping a Montenapo, viene a sedersi achì per mondarsi dal sospetto di omologazione griffata e globalizzante. La dizione è perfetta, il birignao l’ha lasciato in stand by fuori dalla porta.

I nonnini se ne sono usciti, domani vedranno i nipotini.
Nel frattempo ci sono arrivate le Sarde in Saor e un nuovo vicino.
I saluti sono sincronizzati al secondo tentativo di photo, a cui segue, dopo un nanosecondo, l’ennesimo buffetto del titolare dal baffo marziale “qui non si fotografa!”.
Minkia Banana, non siamo mica di Apicius o di Dagospia.
Ci giriamo verso la porta. Luciano Lutring non è ancora entrato, tiriamo un sospiro di sollievo.
“Non si preoccupi, sono fatti loro così”.
Si rompe il ghiaccio e il nostro bancario in carriera ci racconta che viene qui da qualche lustro.
Quando hanno cominciato a girare i primi telefonini il padre del titolare era armato, dietro il bancone, di un mattarello.
Dicono che amasse il baseball con le teste degli avventori.
A noi ci è andata bene.
Il locale avrà un centinaio di anni (i nonnini, anche loro avventori fidelizzati, avevano detto duecento); la famiglia è friulana, sono sempre stati così, inossidabili ai tempi e alle mode.
Con il fatto che ognuno deve andare al banco a prendersi le bocce del potus, chiunque si svela nelle sue tendenze baccanti
Buone le Salamelle ai Ferri.
Prosegue il racconto del nostro Virgilio, tra mille aneddoti.
“Lo vede quello, è stato l’autista al matrimonio, qui a Milano, di Peppino di Capri”.
Quando si parla di Eroi della strada…
Neanche il tempo di familiarizzare con il nostro esperto di partita doppia che la compagnia si allarga.
Dopo averlo invitato  a ruotare lungo la tavola, baffo no.photo ci fa accomodare, creando simmetria, una giovane coppia evidentemente al loro debutto forestale.
Sembra ci si conosca dai tempi della Corea.
Le Coste all’Olio non sono male, tra il Taleggio e il Gorgonzola la spunta quest’ultimo; la Crostata di Cioccolato e Pinoli ti spinge al bis.
Il tavolo è strategico. Da un lato ci permette di adocchiare la cucina e di verificare che il sobbollire dei fornelli proceda più o meno sterilmente, dall’altro vediamo anche il tran tran che si alterna ad ogni ritirata, quella che, in latinorum, verrebbe declinata come Toilette.
La luce era sempre rimasta accesa attraverso lo stipite socchiuso; ad un certo punto se ne esce una barba sale & pepe, clochard style, che la spenge, coerente, e poi con la mano discreta, a mezz’aria, si rivolge al primo avventore come segno di … economia solidale.

Al tavolo ci siamo alternati a triplo giro, con lo spettacolo sempre diverso, come nei cinemini parrocchiali di Don Camillo. L’ Albero Fiorito non ha più segreti per noi, grazie ai nonnini, al ragiunat della Comit. Pure “Baffo” assume un volto più umano e cordiale, anche perché non ha tempo per il mattarello, sempre preso tra il servir di boccia e il far di conto.

Ci giriamo a osservare il … lay.out: c’è la vecchia ghiacciaia riadattata, alle pareti bacheche stracolme di Coppe vinte forse a Briscola o Scopone scientifico, metodo Breda. Lo Specchio vissuto regge da decenni la reclame del Cinzano Soda.
La prossima volta, magari un sabato a pranzo, vorremmo venirci con lo Zio Aimo.

Al momento della cuenta, Gianni il Baffo, friulano de Pordenòn, ci guarda: “quanti panini ha mangiato?”
Ah, ecco come è gestita la voce “pane e coperto”, diciamo tre, per aumentare la mancia di una cuenta per cui, potus a parte, non spenderemmo uguale neanche per far colazione la mattina.

Usciamo, le stelle ci guardano contente.
Ah, Milàn l’è un Gran Milàn, eh, dove ci giriamo, osservando ancora una volta un microcosmo di umanità vera, autentica e non certo artefatta in un ambiente unico, eppure una volta normale, non come, molte, troppe di quelle “Osterie” siliconate, con l’insegna tarocca di una volta che non tornerà mai più autentica, se non la sai scoprire e conservare con cura, all’ombra di un Albero che ci auguriamo di ritrovare Fiorito e divertente anche nelle primavere e negli autunni a venire.

Trattoria Albero Fiorito
Di Gianni Riet
Via Pellizzone,14 – Milano
Tel.02 – 7012 3425
20€, more or less
Chiuso (ci sembra) il sabato sera e la domenica

 

 

Categoria: Sararlo Graffiti

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