Questo è stato uno dei capitoli più esilaranti che mi siano capitati da quando ho iniziato a bazzicare il web, circa un lustro fa. Premessa, come in parte indicato nel prologo che segue. Alla rimpatriata postvacanziera con palato amico si era scelto un locale un po' così, tanto per passare 2 ore senza impegno, parlando del più o del meno. Il caso ha voluto che l' esperienza si fosse rivelata divertente e quindi ne abbiamo raccontato per condividerne emozioni. Ma il diavolo può fare le pentole, ma non i coperchi. Quella stessa sera, due tavoli più in là, c'era Renato Malaman, caro amico e penna narrante di gola per i tipi del Mattino di Padova. Tavoli quindi separati, conti separati; qualche lazzo e sfottò come si conviene faceva ping pong tra un lato e l' altro della piccola sala. Il nostro era pure accompagnato da persone estremamente degne e dalla fedina penale (e quindi si presume gastrica) immacolata. Sembrava tutto bene. Dopo qualche giorno ... apriti cielo. Qualche errante che legge la nota su Idr prende la "balla" al balzo e varca la porta dei comparuzzi nostri. Effettivamente degli sprovveduti che, mentre per la "sera di gala", da noi incutamente incrociata per caso, avevano messo la cucina in gingheri per il giornalista e il suo (ripeto, inappuntabile) seguito, riaperte le serrande per i normali palati si erano rivelati persone di banale sciattume. Dagli quindi ai Compari, e con ragione, ma il teatrino che è seguito, su Idr, con accuse di combine e pastette vomitato addosso al sottoscritto da qualche disadattato di passo si è rivelato abbastanza indicativo di come, a volte, lo splendido mezzo internauta, per alcuni, possa essere sì un mezzo di comunicazione privilegiato ma, a volte, del loro (presunto, ovviamente) disagio esistenziale. I particolari, per i morbosi del feuilleton gastrò, si trovano agilmente negli sterminati archivi virtuali.
La Cucina Etnica è diventata argomento cool. Nelle città di Enotria furoreggiano oramai universi mangerecci con sapori di terre lontane. I ghiottoni dalla gola gastronomade, spesso forzatamente sedentari, trovano sempre più facilmente dietro l’angolo gli ultimi sfizi andini, berberi, perfino dell’algida scandinavia, veicolati by Ikea House & co.Il fenomeno è generalizzato, nulla da dire. Apre senz’ altro gli scenari del sapere il poter riconoscere uno Sushi da un sashmi, così come discernere a colpo d’ occhio un tacos da un kebab. Che importa se non si sanno collocare poi esattamente i natali degli gnummarieddi o dei bucculari ?
Che la Sassaka sia una danza tribale dell’ Egeo ?
Questo per dire che, in certi paesi, soprattutto del Nord Europa o America, con scarsa caratterizzazione territoriale o, per converso, con un importante passato coloniale, la contaminazione delle tavole ha una spiegazione; da noi la ricerca a tutti i costi dell’ etnico spinto presenta dei limiti.
Paradossalmente, La Cucina Etnica è, in primis, italiana. Non si tratta neanche più di Cucina regionale (una semplificazione da Bignami), ma di espressioni di un territorio che, per ognuno dei 4 punti cardinali, presenta ancora innumerevoli scoperte, sorprese, piaceri che vanno ben oltre l’ atto edibile. Si è spesso detto: una cucina, un campanile. Pregi e limiti di un Paese affascinante e complesso come il nostro.
Torniamo a tavola. Padova è, da sempre, città cosmpolita, se non altro per una tradizione unversitaria che ha fatto da calamita per generazioni di giovani in patria
e all’estero.
Ecco allora “I Compari”, un locale aperto da pochi mesi dove si scorazza tra il pescarese e il reggino calabro. I “giovinastri” che fanno marciare la baracca ve li presentiamo dopo.
Il locale, nelle notti di luna piena, permette di apprezzare al meglio il lato b della fascinosa silhouette della basilica antoniana. Siamo praticamente in pieno centro storico. La blasonata pasticceria Biasetto è lì a pochi passi.
Il Menù viene presentato in versione audio. C’è anche quello cartaceo ma, a voce, mimica e gestualità incuriosiscono di più, anche perché, oltre a ciò che arriva ognigiorno dal mercato, conta ciò che si riceve per corriere espresso dalle magioni di famiglia. Roba de casa nostra, alla Mino Reitano, paesano pure lui.
Ci sono le due linee, carneppesce. Tuttavia, essendo al debutto con gola complice e basista fidata, abbiamo preferito stare con i piedi per terra, anzi, preferibilmente al calduccio di stalla amica.
Si principia con una specie di Giardiniera. L’orto di casa è in bellavista: Carciofi, Peperoni, Olive & co. Olio q.b., aglio (al naso) un po’ sopra le righe, anche se, al mattino, dopo il sonno dell’ingordo, non se ne hanno più tracce.
Arrivano poi delle pallozze, alias Polpettine: pane, carne, melanzane etc. molto morbide che si fanno sbocconcellare a mò di rosario laico nel gargarozzo nostro.
In abbinamento si affiancano scaglie che non sono di parmesan, come potevasi immaginare, ma di pregiata pecora stagionata. In add, ‘na roba che ci ha epatato come alle tavole migliori. Un salamazzo da Premio Oscar. Non ha un nome. In casa si battezzano i figli, non i salami (anche se, alle volte .. le cose possono presentarsi simili), ma non è il caso di questa creatura che proviene da Trunca, sobborgo a un tiro di lupara da Calabria Reggia. Ci spiegano che, dopo averne fatto concia, il tutto viene stagionato con fumi d’agrumi, rosmarino e ciliegio, quest’ultimo per ammorbidire e addolcire il tutto. Semplicemente straordinario.
Tra l’altro, se voi vi prendete la Polpetta, ve la potete farcire di cacio e salume a volontà. Da gemere al tavolo, come in quella famosa scena di una inarrivabile Meg Ryan in “C’è posta per te”. Ma, poiché eravamo solo ganzi al desco, ci siamo trattenuti; meglio non suscitare inutili equivoci. Dopo questa entrè orgasmatica ci è stato presentato il Guanciale. Il patron lo ha fatto girare al tavolo. Orgoglioso come un padre che fa vedere al pueblo il primo figlio laureato. In effetti non era esibizionismo culinario, ma scelta motivata. La concia speziale, la pezzatura, tutto insomma prometteva quanto al piatto è stato ancora più divertente, maritato a degli Strangolapreti che ci viene narrato essere in auge anche nelle terre di Corrado Alvaro.
Porzione da cavatori delle alpi apuane. Tuttavia assai performanti con il Guanciale tagliato a pezzettoni che, dall’ avventore ignaro, da fuori, potevano essere scambiati per lumaconi palestrati.
Nel pianeta ciccia si poteva scegliere prevalentemente in the pork district (braciole, salsiccie & so on), anche se ci siamo visti transitare al tavolo vicino una sberla di fiorentina da Coco Lezzone. Non ci siamo fatti traviare, anche se siamo sensibili alle fiorentine come alle mule triestine, e abbiam fatto ‘er pecora. Ossia abbiamo comandato gli “Arrosticini” ovini, prelibatezza abruzzese sinora poco approfondita.
Ebbene, vi arrivano nel loro cartoccio. Ve li pappate di gusto con una manualità e gestualità per cui ci starebbe bene, ad ogni tavola, una sorta di candid camera gastrò, tanto per farsi poi quattro risate tra i titoli di coda.
Sarà che le porzioni erano state abbondanti assai; sarà che la compagnia era piacevolemnete caciarona (purtuttavia immantinente attenta, come scolaretti cui la Gelmini avrebbe assegnato la lode, quando veniva spiegata la vulgata di piatti e prodotti); fatto sta che a nessuno è venuto in mente di parlare di dessert.
Una Storica Domenis ha riportato alla pace dei sensi papille e triturame assortito protagonisti di questa carrettera calabra.
I Compari è un locale divertente. La Cucina intrigherebbe di sicuro Gianni Mura, tuttavia il lay out lascerebbe incerto Renzo Piano. La location è curiosa. C’è un tale guazzabuglio di roba arreda che, per il “lieve” tocco kitch che la caratterizza, pare quasi di essere in un locale di paesani di una little italy qualsiasi, spersa tra Baltimora e Filadelfia: lampadari di peltro, foto d’epoca (seppiate o bianchennere), pale di sedicenti ventilatori, parafernalia sparse tra libri, vecchie bocce di Biancosarti e Stock 84. Tuttavia, dicevamo, queste sono eredità trovate, perché la gestione è fresca e, soprattutto, giovane e animata da mille buoni propositi.
In sala, il pescarese Guido Di Marzio, pur ambasciatore della sua terra, tira essenzialmente la volata a quel bel tomo di Antonio Sapone, reggino genere natu.
Tonino nostro ci ha conquistato al primo colpo, Guanciale e Arrosticini a parte. Entra in sala con una caciotta in testa che sembra ereditata da De Chrico.
La mise serenamente paciocca lo fa sembrare il cuoco di Paperopoli, tratteggiato dalla mano sublime di Giorgio Cavazzano.
In realtà, il nostro, tiene il paparuzzo suo che gestisce una fazenda, proprio lì, nella Trunca carneade e quindi ne presenta (ed elabora) il tutto ai piatti. Roba vera, roba genuina, soprattutto roba ‘bbona. Dato che si viaggia di stagionalità, ci hanno già messo il pepe nella coda (pardon, sulla lingua) per il buon ritorno: apicollo, Bucculari, Pallotte cacio e uovo etc.etc.
Sui vini ci siamo beati con il Rubro de la Finca, un onesto cabernotto del n.est, niente Cirò (o Cerasuolo), almeno per stavolta. Alla cuenta da rimanere epatati: 25-30 eurazzi stra ben spesi.
E bravi i nostri Compari. Etnici d’ Italia uniteci !
I COMPARI
Via San Francesco, 175 – 35121 Padova.
049 – 663908
Chiude il martedì sera.
Categoria: Sararlo Graffiti
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