I recenti palinsesti esistenziali ci hanno portato a toccare realtà diverse dal consueto gastromondo di cui eravamo usi narrare in baccante prosa ipercalorica.
Lettori alternativamente di passo o seriali abbiamo sempre avuto un particolare afflato per l' universo di romanzieri e giornalisti. E' capitato quindi, e non certo per caso, che la potente arma dell' assessorato culturale ci abbia permesso di entrare nei gangli dell' editoria festivaliera e concorsuale, di cui la galassia campiella è una delle massime espressioni a livello nazionale.
Quest' anno la cinquina finalista è stata forte assai. Colpisce come l' illuminata giuria dei letterati (presieduta da Giuseppe Tornatore) abbia saputo individuare una selezione di tipi tosti, tali anche nel prosaico eloquio che si dipana di pagina in pagina. Un' Italia unita nel nome della diversità. Dall' italiano sardizzato, nella consecutio temporum, di una straordinaria Michela Murgia, ad una prosa farcita di Carlo Porta e mondeghili di Laura Pariani, passando per quell' epopea del novecento scritta in veneto e poi tradotta in italiano da Antonio Pennacchi (un nordestino la cui famiglia era stata deportata nell' agro pontino), dall' inconfondibile slang orale marchiato laziale ed un inguaribile spleen per le terre d' origine. Inappuntabile, per stile, lo scorrere coinvolgente di Gianrico Carofiglio, con un italiano che solo una persona colta dal dna sudista può mettere in campo, lui magistrato.
Migliore per noi sulla carta, con la sua parola scritta piuttosto che per il suo porsi verbale e catodico, Gad Lerner.
Un' autodafè generazionale di una famiglia frutto di incroci europei e mediorientali particolarissima, legata solo dalla comune matrice ebraica.
Dall' incontro con queste cinque primepenne svoltosi lungo 48 ore, condividendo pure piacevoli momenti conviviali, emergono alcuni piccoli camei che, magari, sui report della stampa cartacea e generalista faticherete a trovare.
Gianrico Carofiglio è un personaggio di presa immediata, sia sulla pagina scritta che nel suo porsi alla platea, in particolare quella femminile (abbiamo assistito a piccoli camei di ammiratrici che ne chiedevano seduta stante copia autografata con occhi sognanti, il che la dice lunga sul fascino di questo particolare incrocio tra un magistrato letterario nonchè senatore della repubblica). Il suo "Le perfezioni provvisorie" (Ed. Sellerio) è un libro che si legge in scioltezza, come le patatine di siffrediana memoria (una tira l'altra). Si arriva alla fine in un battibaleno, attratti bipartisan dalla trama, come dai suoi personaggi e lo stile narrandi che li accompagna. Dettagli curiosi. Carofiglio ha tratti veramente unici che lo rendono intrigante, come detto. In piena conferenza stampa è capace di farsi una barchetta di carta e poi porla, navigante, sulle ginocchia; oppure estrarre improvvisamente il suo piccolo Moleskine ultraslim per tratteggiare ritratti on the road del pubblico in platea. Ma il meglio di sé lo da nella conversazione conviviale, piacevolissima e ironica, tratto tipico dei gentiluomini sudisti. Alla fine, dopo il caffè, vi può deliziare con uno dei suoi passatempi preferiti: il giocoliere. Dategli tre "pomi" e lui ve li sa far roteare simmetricamente in aria con l' espressione stupita (per la propria bravura ?) dei migliori intrattenitori di strada.
A pelle Gad Lerner non ci aveva mai attratto, anzi. A parte l' antitesi in certe scelte di "politichese" che lo hanno accompagnato dalla prima alla (cosiddetta) seconda repubblica, anche il suo porsi catodico non ci convinceva. Non si capiva se il suo atteggiarsi ad "antipatico" fosse una precisa scelta di regia a 36 pollici o un (pesante) tributo a quel dna composito che in parte conoscevamo e, in parte, si intuiva. La lettura di "Scintille" (ed. Feltrinelli) è stata istruttiva. Gad scrive molto bene.
E' un giornalista, vero, a differenza degli altri che sono scrittori per approdo da un precedente mondo altrove o in prestito temporaneo da altri lidi professionali. Anzi, in quell' outing a pagina aperta che è la scrittura di un libro per il suo genitore scrivente, Lerner sembra quasi giustificarsi, più volte, per far comprendere al mondo come lui stesso sia cosciente, in primis, di non essere un empatico a pelle ma come, invero, il suo percorso, anche comunicazionale con il mondo sia stato frutto di una lunga "educazione sentimentale" cominciata per l' appunto in famiglia. Il libro, diviso in tre parti, è particolarmente accattivante nelle prime due, laddove si narra del suo Libano degli anni '50 (la Svizzera del Medio Oriente) o della Galizia polacca nido della sua famiglia materna, laddove i pogrom della nazista Operazione Barbarossa decimarono in maniera bestiale milioni di vite umane tra cui, quasi per intero, quel ramo dell' albero genealogico che fruttò quelli che ora si chiamano Lerner.
Noto produttore enologico nel Monferrato, Lerner etichetta un Dolcetto e una Barbera (denominata Barabba) che è salita ultimamente agli onori tribicchierati. Persona amabile, buon conversatore (e buon ascoltatore) nel privato, nel dibattito pubblico si trasforma e non dimentica la sua origine di talk showman televisivo. Memorabili (e inevitabili), quindi, i suoi duetti con Antonio Pennacchi.
Michela Murgia, sino alla proclamazione dei Finalisti, era per noi una emerita carneade. Il libro, poi, da quel titolo così etnico "Accabadora" (Ed. Einaudi) con i lumini da riti esoterici andalusi difficilmente ci avrebbe spinto all' acquisto, pur essendo intemerati big spender compulsivi quando varchiamo la soglia di una libreria, acchiappabili all' acquisto anche solo per una grafica editoriale accattivante.
E' stato altresì il primo libro che abbiamo letto, unicamente per una considerazione di ergonomia editoriale. Dovendo presentare i cinque finalisti, e sentendo quindi il dovere morale di perlomeno leggere il loro libro candidato, "Accabadora" era tra i più smilzi e quindi digeribili nel ristretto calendario che ci separava dall' evento.
Ci ha coinvolto da subito, divorandolo letteralmente pagina dopo pagina. La storia, comunque di per sé originale, non era tuttavia il primum movens. Eravamo semplicemente stregati da uno stile di scrittura originale già di per sé, adiuvato da una caratteristica sardizzazione, soprattutto nell' architettura fraseologica, che ne denotava unicità da autore di razza. De visu, poi, la Murgia Cabras genere nata conferma tutto il bene che si poteva immaginare. Autrice con già una piccola bibliografia alle spalle (dal suo primo libro è nato un film di Paolo Virzì "Tutta la vita davanti", sulle autobiografiche vicende tragicomiche del suo impiego come telefonista precaria in un call center) e pure con una vita molto sfaccettata (ha fatto di tutto, dall' insegnante alla "portiera" di notte). Anche il suo divenire scrittrice è avvenuto in maniera un po' funambolica. Appassionata writer sulla rete è stata selezionata da un talent scout della scuderia Holden, la scuola scopri-e-forma talenti che fa capo ad Alessandro Baricco. Da lì poi, pagina dopo pagina, è nata una delle più interessanti realtà della nuova generazione letteraria nazionale. Accesa sostenitrice della lingua e civiltà sarde, pur essendo cittadina italiana convinta, Michela Murgia è una persona solare, simpatica, diretta al punto da essere, nella conversazione, divertentemente spiazzante e che, se ne avrete occasione, vale la pena conoscere anche al di là della sua produzione letteraria.
Laura Pariani dopo il top seller Carofiglio, è la più titolata tra gli autori della cinquina. Sessantenne sessantottina ha mantenuto il suo look intatto al di là dello scorrere anagrafico e temporale. Dotata di una comunicativa non particolarmente coinvolgente, con un eloquio in cui il metronomo è caratterizzato dall' andante piano al piano solo, tuttavia è depositaria di storie interessanti, da conoscere. La sua vita, dall' infanzia all' età adulta, è stata caratterizzata da periodiche transumanze tra l' hinterland milanese (e la urbanità meneghina) con la realtà argentina, anch' essa a sua volta altalenante tra Baires City e le lande patagoniche. Abile disegnatrice (una delle sue passate professioni) questa ex professoressa di lettere tesse storie che hanno un motivazione profonda, oggettivamente di spessore, anche se il lettore, a volte, deve un po' impegnarsi a scalare capitolo dopo capitolo quanto essa racconta. Qui abbiamo una figura che rimarrà impressa nella memoria del lettore non superficiale: il barbone Dante, ex libraio, caratterizzato da un' umanità profonda, ma pure distaccata e ironica, quale a volte si modella in una vita dove gli incroci e le curve esistenziali non sono sempre state un incedere benigno.
"Milano è una selva oscura" (Ed. Einaudi) è una storia ambientata nel '69 (e ci mancherebbe) con l' epilogo finale che coincide con la giornata dell' attentato di Piazza Fontana. Il personaggio, e gli scenari clochard che lo circondano, nascono dalla visione casuale di foto di un paparazzo dell' epoca conosciuto dall' autrice, tale Mandibola, che si divertiva ad immortalare i barbùn alla deriva nella Milano del boom economico. In una edizione del Campiello che ha premiato, tra i selezionati, autori che hanno saputo ben valorizzare la specificità etnica del linguaggio, il libro della Pariani calca un po' troppo la penna con passaggi che solo degni emuli di Carlo Porta o nativi plurigenerazionali dei Navigli sono in grado di tradurre a occhio senza rallentare troppo il ritmo della lettura che, in definitiva, è uno dei segreti per gustarsi con piacere un pur bel libro.
Di lui era conosciuto e conoscevano il fratello Gianni, grande giornalista, mancato da poco. Antonio Pennacchi è un self made writer. La sua vita è rocambolesca come la storia che ha raccontato in oltre 450 pagine. Missino prima, poi espulso, percorse varie militanze dalla sinistra all' ultrasinistra estrema. Carattere bonariamente sanguigno, che sa indifferentemente passare da un eloquio tacitianamente stringato ad una straripante ed incontenibile vis oratoria, ha passato una vita alla catena di montaggio, pure come sindacalista. Espulso dalla UIL prima e dalla CGIL dopo, ovviamente per la sua indomita indole a sbandare sul lato sinistro del vivere ideologico, si è portato appresso sin dall' infanzia la storia che poi è andato a scrivere a 60 anni. "Quanto ha impiegato a scrivere il suo libro ?" "53 anni". Manco il Stefano D'Arrigo e il suo Horcynus Orca. "Canale Mussolini" (Ed. Mondadori) è un libro-diesel. Si comincia a leggerlo piano, ci vuole un po' di tempo ad entrare in coppia, cioè in una storia che abbraccia la prima metà del novecento, e proprio al ‘900 di bertolucciana memoria rimandano diversi flash raccontati con buona capacità narrante, testimoni di una ricerca storica approfondita con tenacia, metodo, passione. La storia della famiglia Peruzzi, trasferita dal Veneto all' agro pontino per dare luogo alla più importante bonifica del ventennio mussoliniano, è ricca di spunti, riferimenti storici, visualizzazioni di personaggi (dal Duce in giù) visti come in presa diretta televisiva. L' ossimoro è divertente. Pennacchi si esprime con chiarissima flessione laziale. La storia è ricca di dialoghi in cui la scivolata storica nel vernacolo d'origine dà particolare ritmo allo scorrere del racconto senza appesantirlo. Il paradosso è che, come accennato in apertura, le penna pennacchia ha scritto la prima stesura dei dialoghi in veneto per poi "tradurli" e renderli quindi digeribili, cioè comprensibili, per il pubblico nazionale. Curioso personaggio questo sindacalista scrittore, capace di intrattenere la platea come ad una convention sindacale: provocandola, facendola divertire, troncando la frase all' improvviso, se gli girano i corbezzoli (o glieli fa girare più o meno involontariamente una scintilla verbale lerneriana).
Cinque personaggi, cinque primepenne dai tratti, dalle storie inevitabilmente diverse e tuttavia ognuna con una sua particolarità che le fa ricordare.
Dovessimo dire "ex pluribus unum" ? Riferito al libro Accabadora, senza dubbio. Si trova la miglior sintesi tra storia e stile, entrambi originali. L' autore con cui uscireste a cena ? Carofiglio. Un caleidoscopio di colori e sfumature concentrate in un unicum personale che ne giustificano appieno l' appeal nelle librerie, negli happening letterari e in altri scenari assortiti (pur se le lettrici si farebbero scortare da lui anche per un intero week.end, tanto con un magistrato così ci si sente al sicuro e ben protette). La sua mission, ça va san dire, è che il lettore si diverta sorridendo nel volare lieve tra le sue storie.
Categoria: Sararlo altrove
Questo sito è un Minotauro Virtuale,
nato dall'incrociarsi
di racconti scritti e visivi,
in un luogo di confine tra
un Vittoriale Gastronomico
e il Paese dei Gastrobalocchi
© 2009 - 2024 powered by Sararlo
progetto grafico Helvetika · sviluppo Quamm Web Agency Padova