Eravamo, più o meno, nel 1983 o ‘84. Da mesi cercavo di organizzare una visita di gruppo agli stabilimenti di Maranello ma, ogni volta, c’era un muro invalicabile che impediva a dei comuni mortali di visitare il mito del Cavallino rampante. Tuttavia, ad un certo punto, colsi che c’era un’ opportunità. Sull’ onda del motto che dice che “tutti sono uguali, ma qualcuno è più eguale” capii che, se facevi parte di un Ferrari Club, il sogno, da chimera, poteva diventare realtà.
A Castelfranco Veneto, per fortuna, non c’era un Ferrari Club. Con la complicità di un ristoratore amico trovai la sede, compilai le formalità necessarie per richiedere a Maranello statuto ed autorizzazione. In questa veste, finalmente, ci venne concessa la benedizione del lasciapassare. Con una trentina di amici giungemmo, un sabato, at the heaven’s doors. Non sapevamo se c’era “Lui”, Il Commendatore, ma tant’ era. Escluso il Reparto corse, potemmo goderci visita guidata tra le linee di produzione.
Come cadeau avevamo portato un contributo per la UILDM, l’ associazione per la ricerca contro la Distrofia muscolare, cosa cui Enzo Ferrari era molto sensibile, avendo perso il figlio Dino per quella maledizione. I soldi erano frutto di una delle tante attività a sfondo benefico che avevamo fatto noi del Rotaract Club, un’ associazione giovanile che, allora, quel giorno, figurava essere il Ferrari Club di Castelfranco. Ci fu anche l’ incontro con il mito, l’ Ingegner Enzo. In tre o quattro venimmo ammessi al suo ufficio (che ora si trova, perfettamente ricostruito, nella Galleria Ferrari, di fronte allo stabilimento). Mi colpirono la stanza in penombra, la voce flebile, ma da vecchio leone, di quel signore di 85 anni che aveva fatto sognare, con i suoi bolidi e la sua storia, tutto un certo mondo di protagonisti (veri o presunti) del ‘900. Mi colpì soprattutto la mano, che mi porse a ringraziamento di quella piccola cifra simbolica. Una mano come ce l’ hanno certe persone anziane. Solida nella sostanza, anche se dall’ apparenza soffice, da nonno buono, di chi un tempo non l’ aveva certo risparmiata in varie attività. Qualche giorno dopo mi arrivò una lettera da Maranello in cui, il papà del Cavallino, mi ringraziava con la sua scrittura vergata dal mitico inchiostro viola della sua stilografica. Come “Presidente” del Ferrari club di Castelfranco Veneto bastava e avanzava. Rassegnai le dimissioni nelle mani del ristoratore comprensivo che si era prestato al gioco per soddisfare il sogno mio e dei miei amici. Non mi risulta che mai, in seguito, questo Ferrari Club abbia convocato la prima riunione per celebrare se non altro la sua fondazione ufficiale.
Categoria: Hall of fame
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