The Real Version.
Mancavamo da parecchio, ma era come se ne fossimo usciti ieri.
La lenta risalita lungo quell' aperitivo di colline e capannoni che caratterizza la Val Trompia dei re del tondino.
La villa, da buona borghesia lombarda, il cui architetto deve essersi ispirato alla campagna inglese.
L' interno, con quel bel dipinto di una cucina dove regna un cuoco che si intuisce vigoroso.
La buona accoglienza, complice e cordiale, di Mauro Piscini, uno dei patron che ha fatto la storia della migliore cucina italiana degli ultimi ventanni.
Insomma, Il Miramonti ci mancava. Ci mancavano i suoi piatti, terragni, solidi eppure di estrema eleganza.
Ci mancava la pacca sulla spalla, e il buon boccone al palato, di Philippe Lèveillè, questo bretone acclimatatosi da sempre nella pedemontana lombarda.
Miramonti l' altro è uno dei fari della cucina d'alto bordo che veleggia su quella pedemontana che fa da cerniera ideale tra il lombardo veneto. Terra illustre, Concesio, che dette i natali, a suo tempo, a Papa Montini. Ancora adesso Lèveillè viene identificato, nell' immaginario collettivo dei suoi compaesani, come quello che "ha fatto da mangiare per il Papa", anche se il commensale è stato Benedetto decimo sesto e il fatto si è svolto nell' autunno scorso.
Si mangia da Papi, quindi, al Miramonti di Concesio ?
Adesso andiamo a scoprirlo.
Far comanda non è facile.
Vi è la Cucina di stagione con tutto il meglio che la Sala Fuochi sa elaborare con quanto offre il mercato. Poi, per i palati romantici, vi sono i Classici del Miramonti (uno per tutti il leggendario Risotto ai funghi e formaggi dolci di montagna); i Sapori di Stagione (un' estrazione a percorso guidato della più ampia Cucina stagionale anzidetta); il Gran Menù del goloso curioso (si presume lo stato dell' arte delle nuove proposte) per finire con i più contenuti Menù di lavoro o per bambini.
Poiché della combriccola fan parte palati sciupapiatti che conoscono pure loro a menadito i Grandi Classici si opta ("a malincuore") per la linea curiosa.
Il ripasso del Crescendo di agnello con finale di suò carrè ce lo teniamo volutamente fuori, come scusa per tornare quanto prima.
Il saluto della Cucina, al Miramonti, sa di ... mare e monti. Bene quindi il Salmone cui dà controcanto acido una azzeccata schiuma di vino bianco. Fanno buona compagnia un pugnetto di funghi e delle chips di barbabietola.
Segue il percorso del buon anatroccolo che troviamo declinato in vari modi. Si principia con una Crema con confit d'anatra in cui i relativi ciccioli regalano un piacevole effetto pop corn. Nel palinsesto trovano posto anche una crocchetta a bon bon, con il pennuto "liquidato" caldo all' interno, nonché un "cioccolatino" di fegato grasso. Dopo tanta ciccia (e ciccioli), ci vuole un buon "collutorio" sgrassante, ecco allora una tempestiva e rinfrescante crema con gelatina di Picolit.
La sala comincia ad affollarsi. Il bel mondo dalle valli e dalla pianura ha sempre eletto il Miramonti tra le sue mete preferite. Che sia il fascino della cucina o l' aura da Chef papalino del bretone Philippe, fatto sta che, achì, le belle donne ai tavoli sono piacevole e costante contorno.
Arriva il consueto vasetto Bormioli, qua promosso a "Bomboniera" di merluzzo e tartufo nero con patate ratte, spezie ed erbe aromatiche. Se ne apprezza il vigore, il cui merito assegnamo al tubero, nonché lo stacco acido della trifola che emerge pian piano nella preparazione.
Sediamo con palato amico che conosce bene i segreti della cambusa, e quindi a lui tutto il merito di aver scovato in carta un azzeccato Riesling, per noi carneade, di cotale Vajra, una creatura albina, rara avis, cresciuta tra le vigne di Barolo City.
Tirem innanz.
La complicità della Sala, cresciuta dal bravo Mauro "Miramonti", si conferma di primordine. Si sa assecondare l' avventore, stimolandolo o tenendogli bordone q.b. con stile ed eleganza, sì che il desinare diviene parte di un' esperienza piacevole, completa.
Pure essendo assemblato con indovinato design edibile (all' occhio fantasioso paiono dei bei lumaconi multicolor spuntati dal vicino sottobosco) interpretiamo il piatto a seguire come uno "stacchetto" tra un capitolo e l'altro del percorso goloso. Come tali, infatti, abbiamo fatto nostre le pure accattivanti Noci di capesante con marinata di verdure e pomodori confit.
Più stimolante la Composta di astice con sua crema e topinambur morbidi e croccanti. Il tocco felice lo regala la schiuma di lemongras.
Ci incuriosiva molto, sulla Carta, la Zuppetta di pesce allo zafferano, latte di mandorle e spezie dolci. Intrigati dalle mandorle, ci siamo divertiti invero per l' ottima acidità della salsa a prevalenza zafferana.
Dicevamo dell' interattività del personale di sala.
Sul piatto c' era una fogliazza che presumevamo decorativa. Con "cortese fermezza" siamo stati invitati a spazzolarci pure quella, pena il blocco del servizio. Bona l' era bona, in effetti. Che si trattasse di acetosella non ne siamo al momento tuttora certi. Sicuramente non era cicuta.
Finisce il primo tempo, quello dedicato alle vivande prime.
Al tavolo vicino la giovane coppia, con lei bionda e avvenente lui postadolescente di lungo corso, è già al dopo dessert. Forse le cose da dirsi se le sono riservate per un poi che, data l' età, è facile intuire.
Per noi, gente oramai matura dalle anta primavere, le consolazioni più terrene vengono offerte da un buon Gin Fizz, con un plus inaspettato di opportuno pepe.
Come possono "dare pepe alla vita" leggiadre fattezze di giovane Venere quanto, a volte, ça suffit ... mero pepe e basta ...
Assieme ai compagni di desco si scannerizza un po' tutta l' Italia cuocosa, con gossip divertenti (e alcuni un po' feroci). Ci fosse qua un Genchi qualsiasi, domani saremmo su tutti i tabloid di Gastrolandia.
Vai con il Tortello di uovo in camicia, ricotta e parmigiano con fagiolini croccanti. Che dire. Un piatto costruito con tecnica e mestolo capace. I legumi croccanti rinviano un po' all' effetto ciccioli provato in precedenza. E' una trovata piacevole. Tuttavia, conoscendo i vari bendiddio della storia Miramonta, non ci ha fatto fare coccodè.
Si passa ad un' altra delle curiosità che aveva attirato la bussola di palato: L' "Antipasto - Primo - Secondo" di maialino di latte tra tradizione e novità. Un menù nel menù, non male come provocazione. Viene il paragone con quelle miniature bizantine inserite in un più ampio mosaico, come può capitare a Torcello o Ravenna.
Recita così. L' inizio è paninaro con una roba che farebbe impallidire qualsiasi McItaly del menga.
Ci si mette a posto la coscenza con verzure fritte che sanno di peperoni e cetrioli, indi la suin.marathon procede con un chiarificante "brodino" che ci sorbiamo con fare composto sotto l' occhio attento del maitre di sala. Piscini, in un angolo, se la ride sotto i baffi (che, ovviamente, non ha mai avuto).
Finale con la Hola grazie ad una Pancia messa in combine con una mostarda di pera. E' come quando il brembano Pippo Inzaghi la spara in rete a porta vuota. Ci tratteniamo dal correre spiritati per la sala come fa, poscia, Pippazzo nostro, tanto il boccone è di soddisfazione assai.
Avevamo parlato troppo presto, perchè arriva l' Alzavola ... e noi voliamo felici tra le ali di Pantagruel.
Giusto per essere precisi. E' nata così.
Neanche il tempo di sederci che, a mezza voce, quasi offrisse vasellame di tombe etrusche, il giovanotto di sala ci sussurra alle spalle, con tono, appunto, d' oltretomba e quindi a prova di intercettazione ("fuori carta ... l' alzavola ... se vuole"). Macchè "se vuole", sia fatto ! perdinci (& perbacco).
Ad essere palati di lungo corso, con la fedina calorica di sì trista fama, in fondo, qualche vantaggio c'è.
Cosa dire di un' Alzavola cotta come se foste voi il cacciatore seduto a tavola.
Pregnante, di spessore, orgasmo puro insomma. Qua Philippe, in effetti, va in orbita che nessuno lo prende più. Una cottura estrema, e guai se fosse diversamente.
Non facciamo il Pippo Inzago in giro per la sala, ma ci trattiene solo il rispetto per la storia e il buon nome della Premiata Ditta Piscini & Lèveillè.
A stò punto uno potrebbe anche alzarsi e volarsene in pace verso il sonno del giusto.
E invece no. Quando si è condannati a godere si continua a bere il calice (biodinamico o barricato che sia) fino all' ultima goccia.
La Creme brulè con Gorgonzola e mostarda senapata è solo ghiotta anteprima di uno dei capisaldi che hanno reso giusta fama a questo desco posto tra i declivi di Concesio: il carrello, macchè carrello, la Carovana dei Formaggi.
Inutile menarla tanto, se ne è scritto di tutto, di più, con pieno merito.
"Qualche assaggino", pilotati dal giovanotto che tra caci e cantina ci sa fare assai. En plein di valli vicine (Tombea, Flatulì, Taleggio de Berghem, Stracchino, Quartirolo, Bagoss).
Ma il Gorgonzola svetta su tutti. Il rito parte dalla forma, trattenuta stretta da un corsetto di apposito fasciame; prosegue con il suo saperla impiattare e poi ... e poi e poi e poi, come diceva la tigre di Cremona.
Si gode alla spagnola con un rubro tarragonese, cotale Cérvoles, 1997 genere natu.
Dopo qualche taralluccio di petite patisserie si finisce alla Miramonti style.
"Il" Gelato alla crema.
Pare la punta dell' Adamello, in realtà è solo mucho gusto e così sia.
Liturgia prevede che, dalla coppa in giù, vada imbiancato con hot chocolat.
Ma la mamma, quella volta, ci ha fatto eretici, anche di gola.
Poiché, al momento, non era disponibile il nostro abituale balsamique traditionel, il giovanotto tosto la rigira alla grande: si va di torba & Samaroli. L' effetto fumè che si espande per il giallo cremato è da premio alla carriera. Vai con l' Aultmore 1989. Provare per credere. Anzi. More again, e pure Ault.
La sala si svuota, la riempie la presenza solare di Philippe le Bretòn, uno che quando gli fanno girare i bioritmi al negativo se ne esce tranquillamente dicendo che, in fondo, finire alla Gaugin non sarebbe male, con la panza spaparazzata al sole della Polinesia. Ma chissà se laggiù, tra i tropici orientali, svolazzano le alzavole. Nel dubbio, meglio spignattare per Papa Ratzinger e i valligiani trompi.
Miramonti è un locale solido.
Qua c'è gente seria, come lo sono i bresciani (anche quelli adottati), che fa le cose alla testa bassa e pedalare, mettendoci ingegno, tenacia e fantasia, dove serve.
Mediamente, in questo "percorso goloso" abbiamo trovato buone proposte, con alcune vette. Non ci hanno epatato il corazon due sole voci, ma la spiegazione è presto detta.
Lèveillè è un mestolo verace. Uno che ti da un imprinting che ti marchia a fuoco il palato e i relativi riflessi pavloviani quando ne varchi la soglia nelle rimpatriate a seguire.
Se uno è stato battezzato di papilla con il Risotto già ricordato, così come con le Farfalle alle frattaglie di agnello e lo stesso ovino acconciato con millantaltri visceri, è difficile smarcarsi poi verso altri lidi, tutti impeccabili, per carità. Ma come la mamma è sempre la mamma, la cucina di Lèveillè, per noi, rimane quell' incredibile (e felice) melting pot che deriva dall' aver saputo maritare al meglio la pregnanza della mano bretone con le terragne delizie del bresciano e delle sue valli. A Bientòt anzi, au revoir, Concesiò.
MIRAMONTI L'ALTRO
Via Crosette, 34
Costorio di Concesio (BS)
Tel.030 - 2751063
Chiude il Lunedì
Cuenta media 100-120€
Galleria fotografica
Categoria: Schede Ristoranti
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