Spesso nella frenesia, a volte inconsapevole, di consumare la nostra clessidra esistenziale trascuriamo le mille piacevolezze che possono coccolare il nostro deambulare nel corso del tempo.
Prendiamo Lonigo, siamo nel vicentino orientale, a un tiro di schioppo dai dolci declivi veronesi che hanno resi immortali Montecchi & Capuleti, alias Renzo e Lucia, pardon, Alfa Giulietta & Romeo spyderman.
Persona colta anteporrebbe, prima di individuare locale conforto di panza, la visita ad un hinterland che poi converge su di un centro storico messo a foulard attorno alla chiesa patronale.
Usciti dall’ autostrada, infatti, si ga modo (venetismo per dire si può) di rimirare varie ville palladiane, di cui alcune succursali mirate di generalista Vinitaly bifolk festival.
Parking in the time of waiting for luculliata oversterolica potete ad esempio godervi in quattro passi la vasca porticata posta a cornice di una piazza minore d’ Italia comunque intrisa di storia e tradizione. Si apprende, per esempio, da targa murata e dedicata che,ivi, da oltre mezzo millennio, celebrasi fiera equina rinomata in tutto il mondo allora conosciuto.
Per chi vuol programmarsi una digestione in stile Camel Tropy, di poi, è possibile ergersi a caricatura di Valentino Rossi sulla celeberrima pista da Speedway.
La Peca è a un tiro di calesse biturbo poco sopra la Piazza dei cavai; la Peca, un ‘impronta in slang autoctono, divenuta meta di stile e buon gusto in un milieu che va oltre i confini regionali.
La Famiglia Portinari è una delle belle (e molte) realtà di una ristorazione nazionale che ha radici lontane.
Incominciò Babbo Serafino, “Il” beccaio del paese, ad instillare nei due giovani pargoli, Pierluigi (detto Gigi) e Nicola (detto Chef) l’amore per le buone cose ma, soprattutto, la passione del trasformarle quotidiane anche per il loro prossimo.
La Peca ha festeggiato, l’anno scorso, i ventanni dalla fondazione, corsi di corsa, come chi, ogni girono, a testa bassa e pedalare, persegue il meglio per propria soddisfazione e, conseguentemente, altrui diletto.
La Peca è un locale oramai inserito stabilmente nella realtà gourmeta triveneta e norditalica.
A volte non valutato appieno come meriterebbe, parliamo anche in prima persona, stante anche quella certa ritrosia e pudore tipicamente berici che fanno parte dell’ ars vivendi di Nicola e Gigi Portinari.
Già Nicola.
Persona talmente schiva che, in un’ epoca di star system in cui lo Chef rischia di non essere considerato con la maiuscola iniziale se non va a fare il giro pastorale nel poscia ramblas calorica.
Fino a ieri Nicola veniva letteralmente sospinto a … posteriori da un Gigi che, di suo, avrebbe avuto la stessa osticità pudora, tuttavia presente in sala unicamente perché addetto al potus vinario e a qualcosa altro che sveleremo dopo.
I saluti della Cucina partono in bis,come di consueto, in versione tromp l’oeil: divertente allora la Capasanta virtuale (un piatto un po’ alla Maurizio Cattelan - in fondo è nato qua vicino - ma molto più giocoso e gradevole) laddove la conchiglia (di pane), il corallo (di zucca), la noce (di cavolfiore) fanno compagnia all’unica componente di conchiglia originale, ovvero Trippa beata e salmastra.
Stesso dicasi, in altri modi, per la Passatina di Ceci terragna e stallarola dove, al posto di storici crostacei, si incrocia dadolata di cotechino con pummarò (& white pepper).
Entrambi piacevoli, divertenti.
Il prologo del percorso peco parte con passo sicuro.
Troisivamente si ricomincia da tre con il piatto a seguire.
Ecco a voi il Trio Carpace, da sin. a dx., nella foto, Mazzancolla grigia di Chioggia, Gambero rosa sardo e Gambero rosso siciliano.
Tre preparazioni diverse poste in ideale podio gustorgasmico.
Veramente eccellente la quenelle (leggasi tartare) di Mazzancolla bigia e lagunare posta entro un piccolo orto recintato da legumei risini e cicorico radicchio marinato.
Piacevole l’ inusuale abbinamento del Rosa sardo con dadolata di fichi e porcini di cui le nari si esaltano al residuo profumo di bosco stagionale.
Qualche dubbio sul sarcofago del Gambero trinacrio. Sicuramente abbiamo fallato noi nell’assimilare ingordi tutto il fagotto, ma il carpace lo si sentiva ancora e necessariamente masticabile.
Di eccellenza la Pappa al pomodoro con seppioline, zotoli e calamaretti scottati.
Alla comanda ci aspettavamo tuttaltra creatura e, invece, è arrivata piacevolissima composizione archeopittorica in cui, dopo l’occhio, si è beato anche il resto.
Da vedere (e infatti vi è fototessera con link dedicato) per l’ equilibrio in cui tutto ci sta, come in foto di famiglia.
Spuma di patate e salsa di mosciame e alghe a fare decor.
Morbidissimi e voluptuosi, di gusto e consistenza, i vari molluschi: come perdersi tra le chiome di Giulietta, con l’acidità del pomodoro che ti riporta poi alla realtà di una Degustazione con ancora altri movimenti da scoprire nel Peca’s Trekking.
In stile Sushi vicentino la Crudità cremosa di Sorana e maionese di melanzane.
Nei sottotitoli si trova specificato “work in progress” in quanto il piatto, probabilmente, deve ancora superare le norme Iso di Nicola Chef, e quindi può cambiare di volta in volta a seconda dell’ usma della Cucina.
Noi abbiamo trovato un po’di tutto, tra cui due tre lamelle porcinazze che hanno contribuito ad una piacevolezza generale olfattocromatogustativa.
Vintage anni ’90 nei Garganelli con Astice, Porcini e Tartufo nero.
Un po’ come la Mustang di J.R. nel Dallas che fu: un piatto che accompagna dagli inizi l’ avventura di una Cucina che, negli anni, ne ha fatta di strada e, periodicamente e affettivamente, viene tirato fuori ogni tanto dal garage della memoria.
Comunque, anche questo a dimostrazione che qua si è sempre cercato di lavorare al meglio, sin dal taglio del nastro battesimale da parte del Sindaco.
Ottimo ritorno a un futuro che è già oggi con il Risotto alla Burrata, ricco di colori e profumi mediterranei.
Anche qua siamo nel gioco di specchi “pizza non pizza”.
Giusto per dire che l’imitazione è riuscita benissimo, e non solo per il piacevole mix che delizia vista e olfatto, ma anche per il gaudente e originale tutuca orale di consistenze tra le burrose rotondità di base del chicco mantecato, e le acidità e croccantezza di black olive, capperi & datterini disidratati.
Tirem innanzi senza fatica, anzi giocosamente coinvolti in una jam session vinaria dal bravo e giovane Matteo in sala, soussommelier del navigato Gigi.
Si viaggia pertanto sicuri e impavidi verso i due piatti forti del giorno.
L’ Anguilla fritta con misticanza di erbe dicesi venga assunta anche dai bisatofobici, ovvero quei delicati avventori che provano schifo ora per questo ora per quell’ingrediente, nello specifico turbati dall’ aspetto viscido e rettil.ineo di questa amabile biscia d’acqua dolce.
Le 4 cotture sgrassano del tutto questo cobra di fiume, rendendola edibile anche agli stomaci più infingardi, premiati, peraltro, dagli ottimi dadi di polentina alla pecorina (leggasi di condimento cacio).
Dal fiume all’aia il percorso può essere breve, anche solo di un piatto, ad esempio by the Maialino da latte con la pelle croccante.
Qua, a dire il vero, ci siamo scontrati con uno di quei piccoli fuori onda di una Cucina che, per sua stessa ammissione, è sempre in progress.
Come quando siete in front of Tv, durante il vostro programma preferito e, improvvisamente, c’è un piccolo crack sullo schermo.
Onde elettromagnetiche? Boh, forse solo una leggera scottata di troppo alla mantella suina per cui questa rilascia inaspettati retrogusti da carbonella che sbilanciano leggermente un equilibrio peraltro piacevolissimo tra la ciccia maiala, la crema di patate di Rotzo (raro cru dell’ altipiano asiaghese) e il cappuccio verza con i suoi semi tostati.
Infatti, il maialetto proviene da pre.parazioni in loco barbagio e poi arriva in terra berica.
Forse ci vuole qualche ulteriore feedback con il fornitore.
A seguire, nel dopo partita, ci è stato fatto assaggiare l’originale cocinillo cantabrico in Carta sino a ieri.
La ciccia sarda è indubbiamente meglio; anche qui questioni di pelle, allora, come nella vita.
La carbonella, comunque, non ha lasciato residui particolari e l’ approdo alla consueta e uraganica dessertizzazione finale è dovuta solo alla incorreggibile incontinenza calorica e non certo per necessità ripulenti.
Stretching di papilla quindi con una chicca da happy hours: Zuppetta alla vaniglia con Campari e sorbetto al mandarino.
Zuppetta che tira la volata al resto.
Sicuramente semo gente, oltre che de borgata, con il palato brontizzato. E chi non resisterebbe, quindi, a Come una cassata ai mandarini (ovviamente con gelato di Bronte e capperi disidratati).
La cassata (intesa in italiano, non in slang alla Goldoni) la fa il mandarino, classicamente ottimi i pistacchi, tuttavia l’ applauso lo strappa la nota salata della cialda inframezzo, chapeau e pure Borsalino.
In sol minore il Caffelatte Biscotti e Birra: immaginato come colazione trasgressiva alla Bukowsky, in realtà, al piatto, una creazione normale con qualche in progress ancora da bilanciare di convergenza.
Petardata finale con la Zuppa di Tocai rosso con fichi sigalini.
A conferma che il territorio non tradisce mai, se lo sai interpretare a dovere e con un pizzico di follia.
Un fundus di vaniglia e poi tra le stelle con il gusto lungo di un erba luisa che si farà ricordare.
Eravamo giunti alla Peca un po’ preoccupati.
Su di una recente pubblicazione patinata di settore c’era un importante servizio Portinaro ma con foto di piatti di due anni fa (tutti peraltro ottimi).
Ci pareva strano e, infatti, web batte cartaceo 48-0, cappotto riferito ai mesi intercorsi tra visita e pubblicazione.
Nicola Portinari lo conosciamo da parecchi anni anche se, come anzidetto, non c’ è quella frequentazione di golassiduità che meriterebbe.
Lo abbiamo percepito nel pieno della sua maturità.
La maturità di un professionista serio, capace, preparato, con una clientela fidelizzata per cui l’attività della maison prosegue costante al di la della procellosità di un mercato da rollercoaster.
A volte si trova solitario pelucco nel pagliaio di qualche piatto, ma siamo entro amplissimi margini di tolleranza.
E’ vero, per essere considerati nell’empireo (tra i non addetti ai lavori), a volte, un po’ di guapismo mediatico non guasterebbe … ma, per ora, Nicola ha già fatto molti passi avanti e, se non viene a salutarvi in sala, quattro chiacchiere si possono sempre e piacevolmente fare al passo della staffa, sulla soglia della sua cucina, nell’entrata che vi porta fuori tra le stelle.
Già. Delle possibili stelle in salsa peca avevamo ipotizzato dopo una delle ultime visite, cfr. http://idrweb.altervista.org/modules/smartsection/item.php?itemid=30
tra le riflessioni finali …
Gigi è invece l’altra turboelica che ha messo le ali ai piedi della Peca Lonigense.
Più abile nel gestire le (necessarie) p.r. di Sala, è una riuscita Idra Gourmet che sa proporre con pari abilità le sue note di cantina così come una (conosciuta a pochi) qualitativa creatività sugli spartiti del dulce e così sia.
Una nota di merito alla Cantina.
Il “Libro” è giustamente impressionante, anche perché c’è effettivamente tutto quanto promesso e, addirittura, con i tempi editoriali che lasciano sempre indietro almeno un centinaio di etichette in attesa di giusta collocazione.
Eppure, eppure noi con Gigi ci divertiamo sempre ad andare di Sherlock Holmes autoctono.
Su di una decina di calici serviti a gogò la gran parte era per noi ancora sconosciuta.
Una citazione al merito per il Soave “Castelcerino” di Filippi, per l’ottimo Manzoni bianco di Sutto (mirabili i sentori banani e fumè) e a continuare il Nanni rosso di Daniele Portinari (ovviamente uno di famiglia): un autentico succo di Merlot e Carmenera spalmato su 2000 bt..
Sulla bandiera a scacchi e traguarda non poteva che starci una leggenda in bottiglia: il mùfe di Picolit di un grandissimo Marco Sara (qualcuno dei due lettori ricorderà, forse, una degustazione passata del suo Verduzzo passito 2003).
Ci accompagna Bob Dylan, al palato, sulla via del ritorno … Knokin’ on Heaven’s Door …
E che la Peca sia con voi. Amen.
La Peca
Via Giovannelli, 2 – Lonigo (VI)
Tel. 0444 – 832014
www.lapeca.it
Chiude la domenica sera e il lunedì.
Cuenta media: attrezzatevi con 120-150€ spesi bene.
Degustazione Classici:90€ - Pesce 98€
Piatto unico ore 12: da 29 a 39€
Piatti Entrata: 24-35€ - Primi: 24-38€ - Secondi: 35-58€ - Dessert: 12-22€
Categoria: Sararlo Graffiti
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